Tim, al Tesoro non piace la fuga in avanti di Urso

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MILANOIl terzo tavolo tecnico sul futuro di Tim si è chiuso con un nuovo nulla di fatto e l’annuncio di nuove riunioni da tenersi nei prossimi giorni.

Il ministro delle Imprese Adolfo Urso, promotore insieme ai francesi di Vivendi di questi incontri, ha promesso una soluzione entro fine anno, ma a molti osservatori pare un obbiettivo assai difficile da raggiungere.

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Anche perché si percepisce una certa freddezza da parte del Mef, il cui titolare Giancarlo Giorgetti non ha mai partecipato a queste riunioni mandando semplicemente un suo funzionario a prendere appunti.

E, anzi, a quel che risulta da fonti autorevoli, Giorgetti ha anche sconsigliato Dario Scannapieco, ad di Cassa Depositi e Prestiti, a partecipare al tavolo, fornendo un ulteriore segnale di distanza dalle iniziative del Mimit.

Giancarlo Giorgetti, ministro dell'Economia

Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia (agf)

La defezione di Scannapieco ha poi indotto l’ad di Vivendi Arnaud de Puyfontaine, a non partecipare a sua volta mandando in sua vece una folta delegazione composta da tre banchieri di Rothschild, Alessandro Daffina, Carmen Zizza e Irving Bellotti, insieme al suo nuovo consulente Daniele Ruvinetti.

Il fragor di spade

Ma anche dalle parti di Palazzo Chigi si ode qualche fragor di spade tra il capo di gabinetto, il tremontiano Gaetano Caputi, che al momento ha arginato l’esuberanza del sottosegretario Alessio Butti, cui Giorgia Meloni ha attribuito la delega sul dossier Tim.

In particolare al Tesoro – che in queste ore sta concludendo la difficile privatizzazione di Ita attraverso la regia del suo uomo di fiducia Antonino Turicchi – non piace l’ansia da nazionalizzazioni che pervade il dicastero di Urso, già mostrata senza alcun esito nella partita Isab di Priolo, e ora sbandierata anche per Tim.

Qui, al momento, non sembra esserci alcun bandolo della matassa. Per esempio, nonostante gli annunci di separazione dello scorso luglio, non è mai stato definito un perimetro preciso dell’infrastruttura da scorporare.

Alcuni parlano solo di rete di accesso, primaria e secondaria (accesa o spenta a seconda se si conferisca anche l’elettronica), altri includono anche il backbone e il trasporto che stanno a monte.

La controllata Open Fiber

Cdp, quando trattava per fare un’offerta vincolante sulla rete Tim, intendeva acquistare tutto per compensare la controllata Open Fiber, che non ha né backbone né trasporto. Mentre il fondo Kkr, che con Fibercop ha già una partecipazione nella rete secondaria, sarebbe interessato ad acquisire solo l’accesso ma senza elettronica (accesso spento).

Poi c’è la rete internazionale di Sparkle, che è una società separata ma le cui infrastrutture in alcuni punti si sovrappongono con quella nazionale. Tutti questi problemi tecnici, essenziali per capire quali sono gli asset da separare e i loro valori, non sembra siano ancora approdati sul tavolo del Mimit.

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