Torino, l’arbitra iraniana che voleva giocare a calcio: “Ora tifo per chi protesta a Teheran”

Pubblicità
Pubblicità

“Potevo essere un’ottima attaccante”, afferma sicura Sanam Shirvani, 36 anni, aspirante calciatrice. L’amore per il pallone nasce quando è piccola, seduta nel salotto di casa a Rasht, nel nord dell’’Iran, a guardare le partite con i fratelli maggiori. Qualche volta giocano anche nel giardino di casa. La prima volta che Sanam entra in uno stadio, però, è già adulta: è nata in Iran, dove le donne non hanno il permesso di assistere alle partite di calcio. “Non esistono neanche squadre femminili in Iran – precisa – Quindi nonostante i miei genitori sostenessero le mie passioni, a nessuno è mai venuto in mente che io potessi provare a giocare al pallone”.

Nel 2013 però Sanam arriva a Torino, in Italia, grazie a una borsa di studio in Architettura al Politecnico. “Ero troppo vecchia per diventare calciatrice e dovevo mantenere una media di voti alta, altrimenti addio borsa di studio: insomma non potevo giocare a livello professionale”. Proprio in quel periodo però viene a sapere di un corso per arbitri. Si iscrive, partecipa alle lezioni e finalmente diventa direttrice di gara. Non è sempre stato facile: all’epoca Sanam non sapeva l’Italiano, non riusciva a capire tutto quello che le dicevano e l’ambiente non sempre era amichevole. “Volevo mollare. Ma poi mi sono detta: ora che puoi farlo, vuoi veramente mollare perché qualcuno si comporta male?”. E così ha continuato. “Vedrete ora come si comportano in campo”, afferma sorridendo.

Attraverso la sua storia Sanam racconta quella di tutte le donne iraniane, a cui fin da piccole viene di chiesto di non avere interessi ed essere invisibili. “Non devi parlare, non devi mostrarti intelligente, non devi mostrare di avere cultura”, spiega. “Ma quando sono arrivata in Italia ho scoperto quanto può essere grande il mondo. Che noi donne possiamo fare tutto, anche se cercano di chiuderci in una stanza”, afferma Sanam. E commentando le manifestazioni  scoppiate in Iran dopo l’uccisione di Mahsa Amini e le dure repressioni che ne sono seguite dice con sicurezza: “Questa nuova generazione mostra un coraggio che la mia non ha avuto, credo che riusciranno a cambiare le cose. E chissà, magari un giorno potrò perfino arbitrare una partita di calcio in Iran”.

di Alessandra Del Zotto e Stefano Scarpa

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *