Trecento facce di gatto. “Altro che sfingi, parlano con il volto”

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Li amiamo proprio perché sono imperscrutabili e alteri come delle sfingi, ma i gatti in realtà possono vantare un’espressività da fare invidia ad Al Pacino. O perlomeno così sostiene un nuovo studio dove si sono contate ben 276 differenti espressioni facciali per i nostri cari felini. Le autrici dello studio, pubblicato su Behavioural Processes, sono la psicologa Brittany Florkiewicz, fondatrice dell’Animal Behaviour & Cognition Lab del Lyon College di Batesville e Lauren Scott, ricercatrice in etologia della University of Kansas.

Come è nato questo studio così particolare, professoressa Florkiewicz?

«Da una visita al CatCafé Lounge di Los Angeles, locale-rifugio dove i clienti possono interagire con decine di gatti. E adottarne uno. A noi interessava osservare questi gatti nelle loro interazioni reciproche: abbiamo studiato per 150 ore 53 individui — 27 femmine e 26 maschi. E poi abbiamo catalogato le loro espressioni, trovandone 276 distinte, tutte associabili a un intento comunicativo perché dirette a influenzare il comportamento del destinatario: abbiamo ignorato quelle configurazioni del viso non rivolte ad altri gatti o legate ad azioni come la masticazione del cibo».

Qual è la maggiore novità del vostro studio?

«I nostri risultati dimostrano che la comunicazione tra gatti è più complessa e articolata di quanto si credesse: i gatti usano una vasta gamma di espressioni facciali per gestire sia le interazioni amichevoli (caratterizzate nella loro forma più generale da occhi socchiusi e orecchi e baffi rivolti verso l’altro gatto) che quelle ostili (in molte delle quali i gatti cercano di allontanare gli orecchi dall’altro gatto, rimpicciolire le pupille e leccarsi le labbra)».

Ma i gatti non passano per essere fondamentalmente asociali e solitari?

«Possiamo smentirlo: ad esempio hanno una grande varietà di espressioni amichevoli legata al gioco. Un’attività molto importante per tante specie animali, perché utile allo sviluppo e affinamento di capacità motorie, cognitive e sociali. Il gioco però è anche rischioso: quando si gioca ad aggredirsi per finta, si può finire per farsi male. Per coordinarsi efficacemente durante il gioco, l’espressività della faccia è cruciale. Anche se lo stereotipo del gatto lo vede “espressivo” solo quando è minaccioso, i nostri dati mostrano la grande attenzione che, anche attraverso le espressioni, i gatti riservano alle interazioni giocose con i loro simili».

Avete trovato 126 espressioni amichevoli, 48 neutre e ben 102 non amichevoli: perché servirebbero così tante smorfie aggressive?

«Perché sono molto importanti tra gli animali sociali, sono una forma di protezione: ad esempio per un lupo ringhiare è uno sforzo muscolare poco dispendioso, che rende manifesta — al lupo destinatario del “messaggio” — la possibilità di essere morso, permettendogli di predire ciò che potrebbe succedere. Così il lupo che ringhia può ottenere il suo effetto dissuasivo o intimidatorio senza che si arrivi all’aggressione vera e propria in cui uno dei due contendenti potrebbe subire gravi danni. Anche i gatti hanno una ricca gamma di espressioni dissuasive.

Qual è il ruolo della domesticazione?

«Questo processo non rende solo gli animali più docili verso l’uomo, ma aumenta anche le tendenze affiliative tra di loro, perché rende più facile il formarsi di gruppi intorno a zone abitate dagli esseri umani. In natura i gatti selvatici sono molto più solitari e aggressivi — verso i loro consimili — dei gatti domestici. Diventando più socievoli e tolleranti, i gatti domestici hanno acquisito tutto un repertorio di espressioni facciali amichevoli che i gatti selvatici non hanno».

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