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Uccise la sorella perché aveva relazioni con uomini del clan avversario

Assassinò la sorella per riscattare l’onore della famiglia mafiosa degli Alleruzzo, violato dalle relazioni extraconiugali che la donna intratteneva con criminali di un gruppo contrapposto dopo avere abbandonato il marito. Ci sono voluti 26 anni e le dichiarazioni di alcuni pentiti per inchiodare Alessandro Alleruzzo, figlio dello storico capomafia di Paternò Giuseppe ‘Pippo’, accusato di avere ucciso con due colpi di pistola calibro 765 alla testa sua sorella Nunzia, scomparsa il 25 maggio del 1995.

La donna scomparve nel nulla dopo essere stata vista uscire di casa con il figlio di 5 anni e con il fratello ‘assassino’. Sono stati i carabinieri della compagnia di Paternò ad arrestare Alessandro Alleruzzo, 47 anni, accusato di omicidio volontario pluriaggravato. Il padre Pippo Alleruzzo negli anni Settanta e Ottanta guidava il gruppo paternese di Cosa nostra, al centro di numerose faide sanguinose e particolarmente cruente, articolazione territoriale della famiglia mafiosa Santapaola. Pippo Alleruzzo, diventato poi un collaboratore di giustizia in seguito alla morte violenta della moglie e di un altro suo figlio, è cugino di Santo Alleruzzo di 67 anni, detto “a vipera” considerato reggente del clan fino al suo ultimo arresto avvenuto nell’ambito della operazione “Sotto Scacco“.

Il 25 marzo del 1998, militari del nucleo operativo della compagnia di Paternò, a seguito di due telefonate anonime (in carcere, Santo Alleruzzo, aveva intimato ad Alessandro di far ritrovare il corpo della sorella per darle sepoltura), ritrovarono in un pozzo nelle campagne di Paternò nei pressi dell’abitazione di Pippo Alleruzzo, i resti ossei di una donna, in particolare il teschio, sul quale vi erano due fori causati da colpi di arma da fuoco. Le attività investigative, grazie anche alla comparazione del Dna, hanno permesso di identificare la vittima.

Le recenti dichiarazioni di tre diversi pentiti (Francesco Bonomo, Antonino Giuseppe Caliò e Orazio Farina), riscontrate dagli investigatori, hanno alzato il velo sul ritrovamento del cadavere di Nunzia Alleruzzo. In particolare, Bonomo ha riferito di aver saputo da Giovanni Messina e da Caliò che l’omicidio della donna fu commesso dal fratello Alessandro, per riscattare l’onore della famiglia violato dal fatto che la sorella aveva avuto numerose relazioni sentimentali con componenti del clan, abbandonando il marito. Anche Caliò ha confermato di aver appreso i particolari del delitto direttamente da Alessandro Alleruzzo, il quale gli aveva raccontato di aver ucciso la propria sorella sporcandosi di sangue per averla trascinare. Anche il collaboratore Orazio Farina confermava la ricostruzione, aggiungendo che tra gli “amanti” di Nunzia Alleruzzo vi era Giovanni Messina, componente del gruppo, che aveva ucciso la madre e che pensava di uccidere lo stesso Alessandro.

Ulteriori attività investigative, a seguito della riapertura delle indagini coordinate dalla Dda di Catania ed eseguite dai carabinieri di Paternò, hanno consentito di sentire a sommarie informazioni i familiari della giovane Nunzia, dalle quale emergevano un eccesso di ritrattazioni, addirittura superflue e sospette. Venivano così disposte intercettazioni all’interno della cella della casa circondariale di Asti nella quale erano detenuti Giovanni Messina e Salvatore Assinnata i quali, a seguito della pubblicazione di articoli di stampa del 9 febbraio scorso sulla riapertura delle indagini, commentavano confermando l’ipotesi investigativa dell’omicidio in ambito familiare (“mi rissi…o iddi pavunu…e Alessandro è il mandante…ehh…ammazzau…ehh”).



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