Ue, intesa sulla riforma del mercato delle emissioni: impegni più stringenti per chi inquina

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L’Ue compie un grande balzo in avanti sulle misure per arrivare alla neutralità climatica entro metà secolo. Dopo una maratona negoziale cominciata venerdì alle 11 e conclusa nelle prime ore del mattino, le istituzioni europee hanno raggiunto un accordo sui connotati del nuovo mercato della CO2 dei Ventisette, l’Emissions Trading System (Ets). Il sistema che dal 2005 dà un prezzo alle emissioni di CO2 traducendo in pratica il principio “chi inquina paga”.

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L’Ets, che nasce oggi per essere il principale strumento dell’azione climatica Ue dei decenni a venire, sarà più grande e non interesserà più solo industria ed energia. Per la prima volta al mondo un mercato della CO2 coprirà i trasporti via mare. Ma anche quelli via gomma e il riscaldamento e, in futuro, gli inceneritori. Seconda novità senza precedenti è la creazione di un Fondo sociale per il clima con oltre 86 miliardi di euro, di cui l’Ue e gli Stati disporranno per tutelare i cittadini dagli aumenti del costo dell’energia. Risorse fresche per interventi strutturali, ma una parte potrà essere usata per erogare veri e propri aiuti diretti alle famiglie. Il terzo inedito è la ‘carbon tax’ alle frontiere, che applicherà il prezzo della CO2 dell’Ue ai prodotti importati di alcuni settori, per consentire alle imprese europee di competere il più possibile ad armi pari con quelle di Paesi dove le politiche del clima sono meno stringenti, evitando delocalizzazione e perdita di posti di lavoro.

L’accordo sul meccanismo che porta l’Ets fino agli uffici dogana dell’Unione era in parte già fatto. Ma solo la scorsa notte i negoziatori di Commissione europea, Consiglio Ue ed Europarlamento hanno raggiunto l’accordo su dettagli fondamentali per formare un quadro coerente. Uno di questi era la velocità con cui la carbon tax sarebbe entrata a regime, portando alla corrispondente eliminazione dell’attuale sistema anti-delocalizzazione, quello dei permessi di emissione gratuita. Il passaggio tra un sistema e l’altro sarà molto graduale, dal 2026 al 2034.

Entro il 2030, la grande industria e il settore energetico dovranno diminuire le proprie emissioni del 62% rispetto a quando il sistema ha iniziato a funzionare, dal 2005. Da quell’anno a oggi il taglio è stato di quasi il 43%, ma la velocità della riduzione dovrà aumentare. Le compagnie di navigazione pagheranno per tutte le loro emissioni di CO2, metano e protossido di azoto dal 2026. Dal 2027 un Ets separato riguarderà trasporti su strada e edifici, cioè le emissioni dei carburanti alla pompa e il combustibile da riscaldamento. Il sistema è studiato per incidere sui fornitori di carburante e non sulle famiglie, ma secondo le valutazioni di impatto della Commissione europea gli aumenti saranno inevitabili. Se dovessero rivelarsi insostenibili, l’entrata in vigore del sistema sarà rimandata di un anno. In ogni caso, nel 2026 partirà il fondo sociale, 65 miliardi di risorse Ue con cofinanziamento nazionale fino al 25%. In totale, 86,7 miliardi fino al 2032.

Una delle firme della rivoluzione dell’Ets è italiana. “Dedicato alla memoria di Mauro Petriccione”, si legge nella riga finale del comunicato stampa del Consiglio Ue. Omaggio inusuale e sentito da parte di tutti i negoziatori al Direttore generale clima della Commissione europea, venuto a mancare improvvisamente il 22 agosto scorso.

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