“Ufficiale italiano spiava per i russi”. Due fermi a Roma

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Due fermi per spionaggio, senza precedenti: martedì sera sono stati bloccati un alto ufficiale della Marina italiana e un militare russo, di stanza nel nostro Paese. Il capitano di fregata è stato bloccato durante un incontro con l’ufficiale, in servizio presso l’ambasciata di Roma: secondo l’accusa stava consegnando documenti in cambio di denaro. Il capitano di fregata è stato arrestato mentre si sta valutando la posizione giuridica del militare russo alla luce del suo status diplomatico.

Si tratta di un episodio gravissimo, che mostra come anche il nostro Paese sia coinvolto nella nuova strategia offensiva russa. Oltre alle attività di influenza denunciate negli ultimi anni, come le campagne di disinformazione lanciate su profili social anonimi e le notizie diffuse da organi vicini al Cremlino per delegittimare il governo italiano, adesso c’è l’accusa di un’iniziativa apertamente ostile, come lo spionaggio.

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I due sono stati fermati dopo una lunga indagine condotta dai carabinieri del Ros con la collaborazione dell’Aisi, l’intelligence interna, e dello Stato Maggiore della Difesa. Non si conoscono ancora nomi e posizioni degli ufficiali coinvolti. Le motivazioni del tradimento sarebbero di natura economica: avrebbe accettato di cedere informazioni classificate in cambio di denaro, probabilmente per fronteggiare gravi problemi familiari.

Nella storia recente non si ricordano precedenti del genere. L’ultima operazione di controspionaggio risale nel 1989, prima della caduta del Muro, e riguardava i piani del Patto di Varsavia per carpire documenti dalla Oto Melara di La Spezia, impegnata nella produzione di cannoni e mezzi corazzati, e da un’azienda triestina che collaborava al progetto di un sistema di comunicazioni della Nato. All’epoca furono emessi mandati di cattura contro cinque persone, tra cui due presunti agenti del Kgb e uno dell’intelligence bulgara. Ma i tre stranieri e un ex carabiniere disertato a Sofia riuscirono a sottrarsi agli arresti.

Da allora l’Italia era sempre apparsa come la scacchiera dove si sfidavano pedine di altri Paesi, una sorta di porto franco per trame internazionali, dove muoversi confusi tra i turisti e tra l’abbondanza di ambasciate. Nel maggio 2016 a Trastevere era scattata la trappola contro un dirigente dell’intelligence portoghese che stava incontrando Sergey Nicolaevich Pozdnyakov, funzionario russo con passaporto diplomatico, per vendergli piani d’azione dell’Alleanza Atlantica. L’arresto aveva provocato un braccio di ferro con le autorità di Mosca che contestavano il mandato di cattura portoghese e ribadivano la protezione diplomatica del loro connazionale. Una tesi riconosciuta poi dalla magistratura italiana, che dopo due mesi ha rilasciato Pozdnyakov.

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Alla fine dello scorso agosto l’episodio più clamoroso. Un tenente colonnello francese in servizio nel comando Nato di Napoli. La cattura, avvenuta mentre l’ufficiale si trovava in patria per le vacanze, era stata condotta dai servizi di Oltralpe e la natura della sua collaborazione con la Russia è rimasta top secret.

D’altronde fino all’invasione della Crimea i rapporti tra Italia e Russia sono sempre stati ottimi, con una stretta collaborazione contro il nemico comune del terrorismo islamista. Tanto che una casa di produzione vicina al Fsb, il servizio segreto russo erede del Kgb, aveva finanziato un film d’azione in cui gli agenti di Mosca salvavano da un attentato di Al Qaeda il premier italiano, impersonato da un attore molto somigliante a Silvio Berlusconi.

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