Ultima frontiera Belfast

Pubblicità
Pubblicità

LONDRA.  “La voce del buonsenso si fa roca”. Era North, 1975, del poeta premio Nobel irlandese Seamus Heaney, cattolico nato in Irlanda del Nord, che raccontava quella terra contesa e bagnata dal “sangue cattivo”, copyright di un altro letterato isolano, Colm Tóibín. Che nel 1994 si fece a piedi i quasi cinquecento chilometri di confine tra le due Irlande. E, come Heaney, riesumò stragi, fantasmi, drammi interiori.

Quella voce che si fa roca di Heaney è oggi la quiete prima della possibile tempesta in Irlanda del Nord. Dopo la tragica uccisione della giovane giornalista Lyra McKee nel 2019, di recente non ci sono stati attacchi, feriti o morti a rievocare l’incubo dei Troubles, ossia la guerra civile e settaria sull’isola di Irlanda nella seconda metà del Novecento che l’understatement di Londra classificò come “disordini”. Eppure da mesi, anni, si stanno gettando i semi per un nuovo tremendo raccolto nella nazione dove ancora oggi s’erge l’ultimo muro d’Europa, a West Belfast, per separare quartieri cattolici e comunità protestanti.

“I doganieri sono un obiettivo”

Del resto è sui muri che si è scritta la storia dell’Irlanda del Nord, benedetta nel 1998 dagli accordi di pace del Venerdì Santo che sinora hanno tutelato una fragile tranquillità. I murales e i graffiti a Belfast, (London)Derry, Newry sono ancora oggi vivaci cicatrici di ferite profonde e mai rimarginate. E così, tre settimane fa, proprio 26 scritte minatorie tra le strade di Belfast, nella vicina città portuale di Larne e Carrickfergus, hanno riscagliato l’Irlanda del Nord nella paura:  “I doganieri sono un obiettivo”, “No al confine nel Mar d’Irlanda”, “La Pace del Venerdì Santo è morta, ora guerra!” ecc. Risultato: i doganieri di Larne sono stati mandati immediatamente a casa per “motivi di sicurezza”.

Come mai? Perché questo odio contro impiegati che eseguono semplici controlli sulle merci? Risposta sintetica: la Brexit ha sfilacciato il tappeto di tregua sotto il quale erano state nascoste le angosce del passato. Risposta articolata: causa l’uscita del Regno Unito dall’Ue, va rimesso un confine tra i due blocchi, visto che Londra non fa più parte del mercato unico europeo. Ma dove? Il confine tra Irlanda e Irlanda del Nord, per preservare la pace, deve rimanere invisibile, perché per decenni è stato il compromesso perfetto per unionisti e repubblicani: i primi si sentono ancora legati alla Corona, i secondi hanno l’illusione di un’Irlanda finalmente unita dopo l’occupazione britannica e la partizione del 1921.

Una linea sul mare

L’anno scorso Johnson aveva accettato, nell’accordo di divorzio dall’Ue, di installare un confine invisibile nel Mar d’Irlanda, ossia tra Gran Bretagna e Belfast, spaccando di fatto il Regno Unito. Perciò, tutte le merci e i beni che viaggiano tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord devono essere controllate preventivamente dai britannici. Perché Belfast, per evitare nuove frontiere, è rimasta nel mercato unico europeo e quindi, affinché quest’ultimo sia qualitativamente preservato, tutto l’import nordirlandese, anche dalla Gran Bretagna, deve rispettare le norme Ue. Una soluzione chiamata Protocollo per l’Irlanda del Nord, che Theresa May aveva rifiutato seccamente: “Così frantumiamo il Regno Unito e la pace a Belfast”. Già, perché ora gli unionisti in Irlanda del Nord si sentono abbandonati da Londra, l’inquietudine fermenta e gli esagitati vergano minacce sui muri.

Johnson non ha di certo raffreddato gli animi promettendo “non permetteremo mai un confine tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord”, nonostante lo abbia sottoscritto lui stesso. Un famigerato orangista vicino ai paramilitari, David Campbell, ha riesumato il livore del primo Ian Paisley: “Va impedita fisicamente l’installazione di un confine che spacchi il Regno Unito”.

Il capo della polizia nordirlandese Simon Byrne parla di  “minacce di pochi esaltati”. Ma in segreto i suoi agenti si preparano ad azioni di gruppi unionisti contro i doganieri a Belfast e Larne. La situazione potrebbe precipitare: la Ue ha concesso un “periodo di grazia” al Regno Unito, permettendo di controllare alla dogana in Irlanda del Nord solo pochi beni e merci, gli animali domestici, o l’import di piante e prodotti terrieri, ma dal primo aprile sarà molto peggio, i controlli si applicheranno a molti alimenti e animali, sempre per questioni sanitarie.

Ora il timore è che, causa ingorgo alla frontiera, i supermercati nordirlandesi possano restare vuoti. Uno scenario che James Forsyth sullo Spectator ha descritto come la miccia di una possibile rivolta popolare: persino i protestanti garden centre, cioè i moderati che curavano il giardino mentre gli unionisti marciavano e che furono decisivi a far accettare la Pace del Venerdì Santo alla propria comunità, potrebbero ribellarsi.

Come in Libano

Non solo: il partito unionista al governo in Irlanda del Nord, il Dup, è sempre più pressato dai protestanti estremisti. Perciò la leader Arlene Foster insiste da settimane: “Il Protocollo deve essere stracciato subito”. Una sua petizione ha già raggiunto 130 mila firme, e così, per sopravvivere politicamente, potrebbe affossare l’esecutivo che guida insieme all’ex braccio politico dei terroristi repubblicani dell’Ira, il Sinn Féin, in una spartizione di governo confessionale e settaria come in Libano. Una tale, gravissima crisi politica, in un contesto già teso, potrebbe rispingere l’Irlanda del Nord nello strapiombo e accelerare il possibile referendum sull’unificazione con l’Irlanda repubblicana, visto che i cattolici fanno molti più figli dei protestanti e di questo passo, tra un paio di decenni, saranno maggioranza anche al Nord. Perciò Johnson vuole ora costruire un tunnel tra la ribelle Scozia e Belfast, in un disperato tentativo di riunire fisicamente il Regno Unito.

La Ue, protagonista della pace sull’isola negli anni 90, ci ha messo del suo. A febbraio, nella battaglia sui vaccini con il Regno Unito dopo i ritardi delle consegne di AstraZeneca e nell’ansia di bloccare l’export delle dosi prodotte nell’Unione, ha scatenato il panico annunciando per qualche ora il ritorno dei controlli anche tra le due Irlande, cosa che ha indignato persino l’arcivescovo di Canterbury. Ora l’isola rischia quello che a Bruxelles chiamano “stato di tensione permanente”.

Certo, il ritorno dei Troubles potrà essere evitato, se Ue e Regno Unito troveranno un compromesso sui controlli. Ma il terrore di molti è che la Brexit abbia minato le fragili fondamenta della pace del 1998. David Crockett, un contadino 70enne di (London)Derry, che vive da sempre sul confine tra le due Irlande, ce lo disse tempo fa: “La pace qui da noi mica è cominciata nel 1998, ma negli anni 70, quando il Regno Unito entrò in Europa, con l’abbattimento delle frontiere fisiche e commerciali”. Frontiere che ora la Brexit impone di ricostruire. Tra inquietudine, preghiere, rimorsi.

Sul Venerdì del 26 febbraio 2021

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *