“Una scuola di geopolitica per formare i leader del nuovo mondo”

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Che si guardi al Canale di Sicilia o alla frontiera Mediorientale, l’Italia è un Paese che ha “una certa storia e un certo posto nel mondo, ma che spesso non sa bene quale sia, è privo di strategia, di visione”: contribuire a costruirla è l’obiettivo che Lucio Caracciolo, fondatore e direttore della storica rivista Limes, e la sua squadra si sono dati inaugurando, ieri, la scuola di Geopolitica di Limes.

Perché una “scuola di geopolitica”?
“Con Limes in 28 anni abbiamo accumulato una lunga esperienza, la scuola è un po’ un atto di restituzione. Vogliamo contribuire nel nostro piccolo alla formazione della classe dirigente italiana. E la riposta devo dire è stata molto positiva: le adesioni sono state più di 1000, abbiamo dovuto fare uno sforzo notevole per selezionare le classi, con percorsi diversi per giovani neolaureati e per decisori pubblici e privati”.

Quando parliamo di geopolitica pensiamo alle relazioni internazionali, all’economia, al diritto, ma poi scopriamo che lo scontro tra Usa e Cina si gioca anche sui microchip o che la prossima grande trasformazione sarà il quantum computing. Per capire il mondo oggi bisogna saperne di fisica quantistica?
“No, bisogna sapere di storia e di geografia. La geopolitica è l’analisi dei conflitti di potere in spazi e tempi determinati, la gran parte del modo in cui gli attori geopolitici si muovono dipende dalla loro storia. La meccanica quantistica, la cibernetica sono strumenti, possono essere usati in maniera differente, ma le nazioni si muovono non tanto per ragioni contabili quanto sentimentali”.

Quanto tenta di influire il potere su chi fa analisi geopolitica, lavoro da think tank?
“Per la mia esperienza di Limes l’influenza del potere tende a essere zero, non ho mai ricevuto una telefonata da questo o quel leader per intenderci. Per i think tank è diverso, sono molto spesso strumenti di influenza per gli Stati”.

Formare classe dirigente, dice. La geopolitica è una materia per le élite?
“Per quanto mi riguarda la insegnerei nelle scuole elementari, capire il mondo in cui ci troviamo, i rapporti di potere – dal locale all’universale – mappare i ragionamenti del potere, ascoltare le voci con cui non siamo d’accordo è fondamentale per essere cittadini e per essere Paese”.

Come si costruiscono le mappe culturali e informative di Caracciolo, cosa legge la mattina?
“A parte i giornali italiani, leggo i tedeschi Frankfurter Allgemeine Zeitung, Süddeutsche Zeitung, gli americani Washington Post, New York Times, il francese Le Figaro, ma anche Mediapart, che non è di geopolitica ma tratta argomenti interessanti anche se molto schierato. Di Le Monde potrei fare a meno. E poi il Financial Times e altri siti come Geopolitical future“.

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Serie tv?
“Quella che più mi ha colpito negli ultimi anni è stata Le Bureau des légendes”.

Che libri sta leggendo?
“Uno sulla ragione cartografica, su come si concepiscono le carte. Sto rileggendo Sciascia e c’è un libro che leggo e rileggo: il Gattopardo. Eccezionale come da una storia specifica riesca e illuminarti sulla traiettoria italiana”.

Ha tenuto la prima lezione ieri subito dopo le parole di Draghi su Erdogan, il “dittatore”. Cosa ne pensa?
“Penso che al di là del sessismo e della sgradevolezza di Erdogan, la deplorevole vicenda di Von Der Leyen dia il senso di come l’Unione europea viene percepita. Quello che resta di questa rappresentazione quasi teatrale è: io sono Erdogan, tu chi sei?”.
 

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