È un guaio per i cronisti e i titolisti di giornali e siti avere due Lorenzo e due Matteo tra i cinque Top 100 d’Italia. Per quanto riguarda gli Us Open, il problema è risolto poiché i Lorenzo – Musetti e Sonego – sono usciti dal torneo al primo turno mentre il Matteo per definizione – Berrettini – li ha seguiti presto. Resta Arnaldi: è lui e solo lui, adesso, “Matteo”. Il copyright se l’è conquistato mandando a casa Jason Kubler, Arthur Fils e, oggi, Cameron Norrie, ventottenne mancino sudafricano naturalizzato britannico. Lo sconfigge in tre set, 6-3 6-4 6-3, sul campo 17, il quarto in ordine d’importanza a Flushing Meadows, diventato di recente popolare per l’acuto odore di marijuana sul rettangolo di gioco e sulle tribune, la cui natura non è finora stata identificata (sia Maria Sakkari, sia Alexander Zverev, che hanno giocato lì nei giorni scorsi, assicurano d’averlo sentito).
Matteo sta mantenendo le speranze suscitate quando si dedicava soltanto ai Challenger, appena un anno fa. I successivi passaggi chiave sono stati le ottime Next Gen Finals disputate in novembre, il primo main draw in uno slam a Parigi nel maggio scorso e la semifinale a Umago in luglio. In tutti questi mesi frenetici ci ha fatto capire di disporre di qualità tecniche e mentali tali da poter essere annoverato tra i Giovani Turchi del tennis azzurro, lui che è del 2001 come Jannik Sinner. Fiducioso e determinato, per nulla intimorito dal confronto con l’ex numero 8 al mondo (ora è 16), Matteo serve forte e preciso, è rapidissimo alla risposta e colpisce con efficacia da ogni punto del campo, che raggiunge sempre in perfetto equilibrio. Ha senso tattico: avanza spesso per chiudere il punto o costringere Cameron ad angolare eccessivamente.
Quando ce n’è necessità, alimenta lo scambio sbagliando pochissimo. Sa variare il peso e la lunghezza dei colpi. Insomma, adegua perfettamente il proprio gioco alle caratteristiche dell’avversario, del quale scova i punti deboli. E le debolezze di Norrie sembrano parecchie in questa stagione avara di titoli per lui.
Raccontano che assistere alle sessioni di allenamento chiarisca perfino ai più scettici come il sanremese sia passato da numero 351 ATP il 13 settembre 2021 a numero 47 oggi. Il team guidato da Alessandro Petrone ha lavorato al suo fianco allo sfinimento, assecondandone la dedizione assoluta e l’umile ambizione, se mi passate l’ossimoro. I risultati in termini di miglioramento delle prestazioni sono impressionanti. E l’effetto esterno più clamoroso è che Matteo lunedì troverà ad attenderlo, nell’Arthur Ashe Stadium, Carlos Alcaraz, che si è liberato in quattro set, 6-2 6-3 4-6 6-3, di un altro britannico, Daniel Evans.
Per fortuna dei giornalisti, di giocatori italiani di nome Jannik ce n’è uno solo. Il numero 1 azzurro parte decisamente favorito nei confronti di Stan Wawrinka, classe 1985, che a New York ha alzato la coppa nel 2016 dopo aver dominato gli slam australiano nel 2014 e parigino nel 2015. Invece il match si rivela tra i più difficili affrontati da Sinner quest’anno perché il vecchio campione di Losanna sa ancora far male, soprattutto con il rovescio. Dopo il primo set deciso dal break ottenuto nel sesto game, il sudtirolese va in confusione quando lo svizzero prende le misure e trova il ritmo, esprimendo il gioco che lo ha consacrato quinta forza del circuito nel decennio scorso. Il terzo parziale è un’altalena di avanzamenti e arretramenti per entrambi, con dieci break point complessivi, alla fine meglio sfruttati da Sinner che se ne procura di più, otto.
Un recente passato costellato di infortuni e di resurrezioni (non è un caso se sul braccio sinistro ha tatuato una citazione del drammaturgo Samuel Beckett: “Hai sempre provato. Hai sempre fallito. Non importa. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio”), Wawrinka nel quarto set non ha più il fiato e le gambe per tenere il passo dell’avversario che aveva due anni quando lui vinceva il Roland Garros junior. Con un doppio break l’allievo di Simone Vagnozzi e Darren Cahill mette fine agli scambi dopo tre ore con il punteggio di 6-3 2-6 6-4 6-2.
Ho potuto seguire solo sullo schermo dello smartphone l’andamento e poi gli highlights del match di Lucia Bronzetti contro Quinwen Zheng sul campo 5, contemporaneo a Sinner-Wawrinka nel Louis Armstrong Stadium. La romagnola mette in serie difficoltà la testa di serie 23 del torneo e nel terzo set si trova addirittura avanti per 2-4 e servizio a favore. La cinese classe 2002 esprime qui il meglio del proprio repertorio, si prende di forza quattro giochi consecutivi e chiude sul 6-3 4-6 6-4. Non avremo dunque italiane negli ottavi di finale newyorkesi, ma la performance di Lucia conferma che, a 24 anni, può puntare a traguardi ancora più ambiziosi.
Due ragazzi agli ottavi di finale degli Us Open e una ragazza che li ha mancati di un nonnulla: mica male. Ormai parecchi nostri giocatori, almeno otto tra maschi e femmine, possono aspirare ad avere ruoli da protagonisti nella seconda settimana di qualsiasi slam, sul sintetico come sulla terra rossa e sull’erba. È una situazione inimmaginabile solo cinque anni fa. Godiamocela.
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