Usa: aborto in Arizona torna (quasi) del tutto illegale, come nel 1864

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New York – Un giudice donna dell’Arizona ha reintrodotto una legge anti-abortista che risale al tempo in cui non c’erano ancora per strada le luci a petrolio e l’Arizona non era ancora uno Stato: il divieto quasi totale al ricorso all’interruzione di gravidanza, previsto da una vecchia legge del 1864, e che adesso torna attuale. Vieta quasi ogni tipo di intervento, anche in caso di stupro, incesto e malformazione, e criminalizza chiunque, medici e assistenti, aiuterà una donna a abortire, al punto che si rischia una condanna da due a cinque anni di carcere.

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Lo ha deciso una giudice della contea di Pima, di cui fa parte Tucson, che ha accolto la richiesta presentata dal procuratore generale dello Stato: Mark Brnovich aveva chiesto ad agosto di rimuovere il blocco imposto nel 1973 al testo di quasi 160 anni fa, dopo il pronunciamento della Corte Suprema che ha revocato il diritto, stabilito dalla Roe v. Wade. La giudice Kellie Johnson si è schierata dalla parte dello Stato dell’Arizona e ha stabilito che la legge, scritta nel 186, autorizzata ufficialmente nel 1901 e confermata nel 1977, non può più essere bloccata, rendendola di fatto effettiva da subito: adesso sono vietati tutti i tipi di aborto eccetto i casi in cui è a rischio la vita della donna, anche se non viene detto molto di più.

L’Arizona fa ufficialmente un salto all’indietro al pari di altri Stati conservatori che hanno scelto la linea integralista, come la Florida del governatore Ron DeSantis e il Texas guidato da Greg Abbott, che ha reintrodotto una legge del 1925. In Arizona, però, si è innestata una battaglia legale: Planned Parenthood, l’organizzazione nonprofit americana che si batte per la legislazione abortista e l’accesso a cure mediche, ha chiesto che la vecchia legge venga sostituita “almeno” da quella approvata all’inizio dell’anno e che prevede il divieto di interruzione di gravidanza dopo la quindicesima settimana. La decisione della giudice ha scatenato reazioni opposte: Cathi Herrod, presidente del Center for Arizona Policy, una lobby cristiana, ha definito la sentenza il “trionfo del diritto alla vita”. Lo stesso procuratore generale, Brnovic, ha scritto su Twitter: “Continuerò a proteggere gli abitanti dell’Arizona più indifesi”.

Ma radio e tv locali hanno ricevuto proteste. Una donna, Mandy Johnson, stesso cognome della giudice ma nessuna parentela, ha chiamato una tv dell’Arizona, Abc15, per raccontare la sua storia: lei era stata stuprata da giovane, era rimasta incinta ma aveva deciso di abortire. “Se avessi dovuto portare la gravidanza a termine – ha ammesso – oggi non sarei viva, l’avrei fatta finita”. Per i vertici di Planned, che gestisce quattro delle nove cliniche abortiste nello Stato, la decisione della giudice ha finito per bypassare una serie di sentenze di tribunali che hanno “chiaramente permesso il ricorso all’interruzione di gravidanza” in Arizona. “In pratica – ha commentato il presidente, Brittany Fonteno – si è deciso di riportare la gente indietro di centocinquant’anni.

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Nessuna legge arcaica dovrebbe decidere della nostra libertà riproduttiva e di come vogliamo vivere ai tempi di oggi”. “Sappiamo – ha aggiunto – che la gente è per la stragrande maggioranza con noi”. Da un sondaggio realizzato all’inizio dell’anno, è risultato che il 90 per cento dei residenti in Arizona è d’accordo nel considerare l’aborto un tema da cui la politica dovrebbe tenersi lontana, mentre l’80 per cento è decisamente contrario a una legge che criminalizza i medici che aiutano le donne ad abortire.

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