Usa, l’autogol della cultura woke: il piccolo Holden Armenta accusato di razzismo alla partita di football dei Kansas City chiefs, ma è un nativo americano

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NEW YORK – La cultura “woke” è finita sott’accusa e la vittima è un piccolo tifoso di football americano. Un giornalista sportivo, in difesa dei diritti civili delle minoranze, aveva attaccato pubblicamente un giovane fan dei Kansas City Chiefs, la squadra campione della Nfl, per essersi presentato allo stadio con il viso colorato di nero e aver indossato un copricapo indiano. Secondo il reporter il bambino, Holden Armenta, era stato stato due volte razzista: verso gli afroamericani e verso i nativi. Ma il tifoso, come è emerso in seguito, è discendente di nativi americani e il viso non era stato colorato di nero per imitare gli afroamericani.

Per ore Carron Phillips, reporter afroamericano del New York Daily News, candidato in passato al Pulitzer, l’Oscar americano del giornalismo, aveva preso di mira il piccolo tifoso, aveva attaccato il “razzismo dilagante” nel Paese e inveito contro l’ondata conservatrice che vuole togliere dalle scuole lo studio della storia dello schiavismo. Nel suo commento, Phillips aveva mostrando la foto del bambino allo stadio per la partita Las Vegas Raiders-Kansas City Chiefs: Holden aveva indosso la maglia rossa della sua squadra, in testa un multicolorato copricapo indiano e il viso in apparenza tinto tutto di nero. In un video, seduto in prima fila nella tribuna dietro la panchina dei suoi idoli, il giovane tifoso si era unito agli altri spettatori nel salutare la squadra con il gesto del “Tomahawk chop”, che consiste nel portare avanti e indietro il braccio destro, con il palmo della mano aperto a imitare il colpo d’ascia usato anticamente dai pellerossa. Questo modo di celebrare la squadra è di moda tra i tifosi dei Florida State Seminoles di football, gli Atlanta Braves di baseball e i Chiefs, oltre alla squadra inglese di rugby degli Exeter Chiefs. Il gesto, però, è stato oggetto di controversie, perché considerato caricaturale dei nativi americani. Tre anni fa i Kansas City hanno vietato ai propri tifosi di indossare copricapo indiani, ma la partita a cui aveva preso parte Holden era a Las Vegas, per cui la restrizione imposta dai Chiefs non valeva.

Phillips ha accusato il bambino di essere stato doppiamente razzista, pubblicando l’immagine del profilo del bambino, con il volto colorato di nero e il copricapo da pellerossa. “Ha trovato il modo – ha scritto sul suo blog – di odiare allo stesso tempo la gente gente nera e i nativi americani”. A chi gli ha fatto notare che il bambino avesse l’altra metà del viso colorata di rosso, a riprodurre i due colori dei Chiefs, Phillips ha risposto seccato: “Siete come quelli che odiano i messicani e poi indossano il sombrero”. E aggiunto: “State dando alle future generazioni il modo di ricreare un razzismo migliore di quello precedente”. L’immagine del piccolo vestito da capo tribù è diventata virale ed è finita su tutti i media americani. Il commento ha generato reazioni indignate verso il reporter. Il proprietario di X, Elon Musk, si è unito al coro, rilanciando la precisazione sulla scelta dei colori che aveva smontato la ricostruzione di Phillips. La piattaforma social ha pubblicato una nota a commento della foto incriminata, per spiegare come fosse ingannevole: il bambino aveva sì il volto colorato di nero, ma solo a metà. L’altra era rossa. Come se non fosse bastato, a smontare la crociata del giornalista è stato l’intervento della madre del bambino, Shannon Armenta, che ha scritto su Facebook: “Lui è un nativo americano, fermatevi subito”. Il nonno di Holden ha fatto parte del Santa Ynez Band, un ufficio di rappresentanza della tribù di Chumash, nativi americani di Santa Barbara, California. “L’accusa di razzismo è ridicola – ha aggiunto la donna – E’ stata pubblicata solo una foto di profilo per creare divisioni”. Il giornalista non ha fatto ulteriori commenti. Il giovane Holden, però, ha vissuto la sua giornata di riscatto: è stato votato come miglior costume da tifoso dei Chiefs. Per lui, alla fine della partita vinta da Kansas per 31-17, foto celebrativa con le cheerleaders.

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