Vaccini in azienda, Garante della privacy: “No a conseguenze per mancata adesione del lavoratore”

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Vaccini in azienda. In attesa di capire quando potrà prendere il via la somministrazione delle dosi tra i dipedenti delle imprese italiane si lavora ora sulla tutela dei dati.

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Il Garante della privacy ha infatti pubblicato un documento di indirizzo sulla vaccinazione nei luoghi di lavoro, per fornire indicazioni generali sul trattamento dei dati personali, in attesa di un definitivo assetto regolatorio. E chiarisce come “tenuto conto dello squilibrio del rapporto tra datore di lavoratore e dipendente”, il consenso del lavoratore “non può costituire in questi casi un valido presupposto per trattare i dati sulla vaccinazione così come non è consentito far derivare alcuna conseguenza, né positiva né negativa, dall’adesione o meno alla campagna vaccinale”.

Il rispetto dei dati personali

L’autorità spiega quindi  che “la realizzazione dei piani vaccinali per l’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti Covid-19 nei luoghi di lavoro, prevista dal Protocollo nazionale del 6 aprile 2021, costituisce un’iniziativa di sanità pubblica” ed è per questo aggiunge il Garante “la responsabilità generale e la supervisione dell’intero processo rimangono in capo al Servizio sanitario regionale e dovrà essere attuata nel rispetto della disciplina sulla protezione dei dati”.

Il ruolo del medico competente

Entrando poi nel dettaglio il Garante per la privacy sottolinea come anche per la vaccinazione sul luogo di lavoro dovrà essere assicurato il rispetto del tradizionale riparto di competenze tra il medico competente e il datore di lavoro. Nel documento di indirizzo  l’autorità precisa anche che le principali attività di trattamento dati – dalla raccolta delle adesioni, alla somministrazione, alla registrazione nei sistemi regionali dell’avvenuta vaccinazione – devono essere effettuate dal medico competente o da altro personale sanitario appositamente individuato.

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Niente dati sulla vaccinazione del dipendente

Nel quadro delle norme a tutela della dignità e della libertà degli interessati sui luoghi di lavoro, infatti, non è consentito al datore di lavoro raccogliere direttamente dai dipendenti, dal medico competente, o da altri professionisti sanitari o strutture sanitarie, informazioni relative all’intenzione del lavoratore di aderire alla campagna o alla avvenuta somministrazione (o meno) del vaccino e ad altri dati relativi alle sue condizioni di salute. Tenuto conto dello squilibrio del rapporto tra datore di lavoratore e dipendente, il consenso del lavoratore – sottolinea il Garante – non può costituire in questi casi un valido presupposto per trattare i dati sulla vaccinazione così come non è consentito far derivare alcuna conseguenza, né positiva né negativa, dall’adesione o meno alla campagna vaccinale.

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