Vaccino per l’influenza: ultima chiamata per chi ha il cuore a rischio (e non solo)

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Lo scorso inverno, complici le misure di prevenzione per Covid-19 e la ‘preponderanza’ del virus Sars-CoV-2 nella circolazione dei virus, l’influenza quasi non si è vista. Ma per ora si teme una “riaccensione” dell’epidemia influenzale (le prime avvisaglie sono già presenti), con conseguenti aumentati rischi di complicazioni per i soggetti più fragili, non solo per età ma anche per condizioni patologiche. Per questo si ricorda a chi è a rischio cardiovascolare, ha già avuto infarti o ictus o comunque soffre di scompenso di proteggersi con il vaccino, che peraltro viene posto ai massimi livelli nella scala di protezione secondo la Società Europea di Cardiologia.

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Lo studio

A rinforzare ulteriormente il richiamo alla prevenzione arriva ora una sorta di riassunto degli studi disponibili realizzato dagli esperti di Houston Methodist coordinati da Priyanka Bhugra, apparsa sul Journal of American Heart Association. Rileggendo i dati, si vede come la matematica sia totalmente dalla parte della vaccinazione per chi è a rischio cardiovascolare. Stando all’analisi, infatti, la vaccinazione è stata associata a un minor rischio di eventi cardiovascolari (2,9% contro 4,7%) se il paziente ha comunque contratto l’influenza. Tra i pazienti a più alto rischio e quindi con patologia più attiva a carico delle arterie coronariche, vaccinando o meno i pazienti ricoverati in ospedale con sindrome coronarica acuta, tra chi è stato immunizzato si sono osservati ictus o infarti nel 9,5% della popolazione, contro il 19% del gruppo di controllo non vaccinato.

Aumentano i decessi

A spiegare ulteriormente il ruolo di ‘carburante’ dell’infezione virale nei confronti delle patologie cardiovascolari ci sono anche altre osservazioni snocciolate nell’indagine: prima di tutto i decessi per cause cardiovascolari tendono ad aumentare proprio in corrispondenza delle epidemie di influenza. Sul fronte della comparsa di infarti e crisi ischemiche, poi, la probabilità per un cardiopatico di andare incontro ad un attacco cardiaco sarebbe quasi sei volte maggiore nei sette giorni che seguono l’infezione virale, rispetto a tutto l’anno precedente. “Questi dati confermano come l’influenza sia un potente fattore di rischio nei confronti del potenziale aumento dei casi di infarto ed ictus – spiega Paolo Bonanni, docente di Igiene all’Università di Firenze. Lo scorso anno in pratica non abbiamo subito la normale epidemia influenzale, soprattutto per le misure di distanziamento e protezione individuale, oltre al lockdown, legate a Covid-19. Quest’anno già vediamo infezioni respiratorie non legate a Sars-CoV-2: abbiamo già isolato i virus influenzali, si stanno osservando casi di virus respiratorio sinciziale in diverse aree.

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Temiamo un possibile ‘effetto rimbalzo’: la mancata circolazione dell’influenza lo scorso inverno potrebbe aver reso meno “protette” dall’immunizzazione con vaccino o con l’infezione naturale molte persone. Per cui quest’anno ci si può attendere anche una sorta di “ripresa” dell’infezione influenzale e la vaccinazione rappresenta uno strumento fondamentale per i soggetti a maggior rischio, come appunto i cardiopatici”.

L’influenza può scatenare eventi cardiovascolari

L’influenza può agire come propellente per peggiorare o scatenare eventi cardiovascolare in diversi modi: in primo luogo occorre sottolineare l’importanza della risposta infiammatoria che il virus scatena entrando nell’organismo, dove viene combattuto dalle difese. A questa si possono sommare reazioni diverse, compreso lo stress legato proprio alla situazione del corpo che può anche rendere la placca presente sulle arterie più fragile e quindi a maggior rischio di rottura, con conseguente potenziale blocco alla circolazione del sangue. Ci sono poi da considerare le possibili complicazioni, come ad esempio le infezioni batteriche sovrapposte e la conseguente tendenza a ridurre l’ossigeno circolante nel sangue: in chi già soffre di problemi cardiaci come lo scompenso, in questi casi, la situazione può peggiorare. Infine non bisogna dimenticare che in alcuni casi il virus stesso può incunearsi tra le cellule del miocardio, inducendo una miocardite.

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