Venezia 78. Sabina Guzzanti: “Il gesto di un cardinale mi ha spinto a fare il film su quel palazzo occupato”

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C’è un palazzo nel centro di Roma, in zona San Giovanni, diciassettemila metri quadri occupati, diventato improvvisamente notizia sulle televisioni di tutto il mondo quando nel 2019 l’Elemosiniere del Papa, il Cardinale Konrad Krajewski, decise arbitrariamente di riattivare la luce alle 180 famiglie rimaste da una settimana al buio. Sabina Guzzanti è partita di lì per il suo film Spin Time – Che fatica la democrazia, alle Giornate degli autori e dal 16 settembre in sala con una tournée della stessa regista. I turni di pulizia dei luoghi comuni, le infuocate assemblee degli occupanti, le manifestazioni per il diritto alla casa, il complicato rapporto con il gruppo che organizza gli eventi teatrali, le scuole di musica e danza, le serate di musica elettronica al centro delle polemiche.

Venezia 78 – Sabina Guzzanti al Lido col suo film sul palazzo occupato dell’elemosiniere del Papa

Il palazzo è un esperimento sociale, ci vivono 450 persone di 25 diverse nazionalità. Dopo averlo frequentato per parecchio tempo crede che l’esperimento sia riuscito?
“Quando cominci ad indagare sul funzionamento ti accorgi che tante cose non vanno e poi riflettendo ti rendi conto che dappertutto ci sono tante cose che non vanno. La questione non è cercare la perfezione ma trovare un metodo per risolvere i problemi man mano che si presentano nel migliore dei modi possibili. Una cosa che gli occupanti sanno fare è dire ‘ho sbagliato’, una cosa che la nostra politica non ha ancora imparato. Si impara solo sbagliando e fondamentalmente credo che sia un’esperienza di grande vitalità. Nessuno degli abitanti vuole stare là, tutti vorrebbero avere una casa, ma sono convinta che molti di loro se la ricorderanno come un’esperienza gioiosa”.

Il Palazzo è diventato celebre dopo che l’elemosiniere del Papa è intervenuto, ma in generale l’attenzione sul tema dell’emergenza abitativa non è alta. Questo film si pone questo obiettivo?
“Quando hanno staccato la luce, l’hanno fatto per cacciarli via e mandarli in mezzo alla strada, quindi quando il Cardinale gliel’ha riattaccata ha impedito che 180 famiglie con bambini, anziani e malati finissero letteralmente per strada. Qualcuno di loro mi ha raccontato l’esperienza di dormire per strada, chi non l’ha provata non può immaginarla, è qualcosa di terribile che non deve accadere. Non capisco come le destre, che si battono tanto per il decoro, possano considerare decorose le persone che avevano trovato una sistemazione e poi vengono costrette a vivere per strada a San Giovanni”.

Com’è andato il primo incontro e poi la decisione di farne un film?
“È stata una decisione improvvisa come spesso mi capita quando comincio a girare, ho preso la telecamera e ho iniziato a girare. La sera prima ero stata al Palazzo insieme ad altri artisti per portare solidarietà quando ancora non c’era la luce, lì avevo conosciuto la regista greca Christina Zoniuo, che fa teatro sociale, il teatro dell’oppresso, e il giorno dopo c’è stato il miracolo della luce. L’ho preso come un segno che si dovesse fare il film, la prima ripresa è stata il momento di massima festa quando era appena tornata la luce”.

Si è tornato a parlare di questo palazzo pochi mesi fa in occasione del confronto dei candidati del Pd e ci sono state nuove polemiche.
“Raggi, Salvini, Meloni hanno attaccato il palazzo e l’occupazione, ma bisognerebbe anche riuscire a stabilire chi occupa cosa perché quello è uno spazio pubblico concesso a un privato grazie alle cartolarizzazioni di un provvedimento di Tremonti molto discusso che non ha portato nulla al pubblico e molto ai privati. Doveva servire a ripianare il debito pubblico ma non è mai accaduto. Continuano a dire che si tratta di un’occupazione illegale ma la giustizia è rappresentata dalla Costituzione che dice che tutti abbiamo diritto a una vita dignitosa altrimenti non può esserci democrazia. Si attaccano al concetto di illegalità difendendo leggi che difendono l’ingiustizia come la legge che ha destinato ai privati il patrimonio pubblico oltre tutto senza guadagno per la società”.

Il film si apre e si chiude con il popolo dei ragazzini che vivono nel palazzo che, rispetto agli adulti con le loro contraddizioni e i loro scontri, sembrano avere una marcia in più. Anche sul fronte della democrazia.
“Mi hanno colpito molto, sono tantissimi i bambini in questo palazzo. Mi è capitato vedere altri spazi occupati e solitamente sono luoghi in cui si respira un’aria molto pesante, qui invece vedi ragazzini che corrono, giocano, fanno musica, teatro, si divertono e vedendo loro si chiude la bocca a tutti. Parlano romanesco ma non sono cittadini italiani sempre grazie a Meloni e Salvini: cosa ha di più la figlia di Giorgia Meloni rispetto alle bambine che stanno là?”

Spin Time – Che fatica la democrazia parla di questa realtà ma parla anche di noi che non abitiamo nel palazzo occupato.
“Assolutamente, l’idea è raccontare un microcosmo che ci racconta il tutto perché la fatica è la stessa. Sulla povertà ci sono tanti pregiudizi, alcuni derivano dal cattolicesimo che li ha divisi tra poveretti da compatire e poveri mascalzoni, ma la povertà non è una condizione dello spirito ma una sfiga che può capitare a tutti, soprattutto di questi tempi, da un giorno all’altro. Pensare che i poveri siano in un modo o in un altro è razzismo. Una persona senza casa è un problema per la persona ma anche per la comunità e va risolto senza colpevolizzare né fare gli eroi e in una città dove esistono tanti palazzi abbandonati e 170.000 appartamenti vuoti un’idea ti potrebbe venire”.

Da poche settimane è uscito il suo primo romanzo 2119 – La disfatta dei sapiens. È un romanzo distopico.
“Sì un romanzo di fantascienza, ma pare che non si debba dire perché la fantascienza terrorizza e non fa vendere. Una fantascienza molto avventurosa, credo anche piuttosto divertente, almeno così mi dicono i primi lettori. Questo documentario e il libro sono nati in parallelo, perché ero partita col romanzo poi mi sembrava non ne uscisse niente e ho iniziato il film che poi si è interrotto e così sono tornata al romanzo. Le due esperienze mi hanno fatto capire tante cose, nel libro ci sono persino personaggi presi dal mondo del film: la direttrice di questo giornale di dissidenti in 2119 è ispirata a una donna curda che è lì a Spin Time”.

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