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Venezia 78, Salvatore Esposito, il Genny di ‘Gomorra’ ora è uno scrittore: “Scrivo da qualche anno, le parole diventano serie…”

È la quarta volta di Salvatore Esposito alla Mostra del cinema di Venezia, ma è la prima volta che è qui senza un film. Presenta il suo primo romanzo Lo sciamano (Sperling&Kupfer / Mondadori), thriller che ha per protagonista Christian Costa, un profiler, esperto in assassinii rituali, che sarà coinvolto in un caso che unisce due morti, quella di una donna affiorata al largo di Ostia e un’altra trovata seviziata in una villa di Chiaia a Napoli. Mentre si prepara a dare l’addio al personaggio che gli ha dato popolarità, quel Genny Savastano che gli ha dato e tolto tanto, Esposito ci racconta come vede la sua vita dopo Gomorra.

L’idea iniziale era scrivere il soggetto per una serie tv, poi è diventato un romanzo. Come mai?
“Io scrivo da qualche anno, butto giù delle idee che possono poi diventare soggetti cinematografici o seriali. Una di queste idee era Lo sciamano, nel periodo in cui sono stato a Chicago per girare Fargo ho iniziato a sviluppare la storia un po’ per combattere la solitudine e un po’ perché volevo raccontare questo personaggio. Mano mano che il racconto andava avanti mi sono reso conto che oltre al soggetto per una serie o un film poteva essere un romanzo, all’editore è piaciuto e così eccoci qua”.

Il romanzo si apre in Svezia, il fatto di averlo scritto a Chicago gli ha dato questo respiro internazionale?
“Forse sì, però io volevo una storia che raccontasse di un profiler che lavora in ogni angolo della terra perché è geniale e nel suo settore è il massimo esperto di crimini esoterici, di simbolismo e criptologia ed è molto ricercato per il suo talento. Il soprannome lo sciamano gli deriva da questa aurea di mistero, però mano mano che il romanzo prosegue si chiarisce che la sua storia è molto legata alle sue origini e al suo territorio”.

Alla prima di Qui rido io di Mario Martone (agf)

Christian Costa è un omaggio allo stesso tempo a suo fratello undicenne e a suo padre.
“Sì mio fratello si chiama Christian e mio padre è stato adottato come Christian Costa che non ha conoscenza del suo passato, anche lui è cresciuto in una casa famiglia. Questi due elementi lo legano alla mia famiglia”.

Aveva già scritto ‘Non volevo diventare un boss’, ma era un libro molto diverso.
“Sì in quello raccontavo il mio percorso artistico, questo romanzo è tutt’altro. Nasce dalla volontà di raccontare una storia bella che appassioni, speriamo di esserci riusciti”.

Però l’idea della serie non è tramontata. Se si sarà lei farà Christian Costa.
“Certamente. Io scrivo soggetti per film o serie con protagonisti personaggi che mi piacerebbe interpretare. Penso che sarebbe qualcosa di diverso, nuovo, ha grandi potenzialità, un appeal internazionale, ho già ricevuto parecchie richieste per acquisire i diritti ma anche per tradurlo in altre lingue. Credo che il cinema italiano oggi come oggi piuttosto che coltivare il suo orticello debba puntare a progetti internazionali, rischiare. Un film come Freaks out che oggi è in concorso qui a Venezia è l’idea di quello che per me deve essere il cinema e la serialità oggi per competere con quelli che sono i grandi prodotti globali”.

Ha scritto Christian Costa anche per passare dalla parte del bene?
“Ma no, ho avuto altri personaggi positivi. Non vivo quest’ansia”.

Gomorra, stagione finale – Il teaser

Quale è il suo stato d’animo mentre sta per concludersi questa esperienza di Gomorra?
“Gli addii contemplano una multitudine di emozioni, positive e negative, da un lato è stato triste chiudere questo cerchio ma a dire anche la verità è stato pure un sollievo. Gomorra mi ha dato tanto ma anche tolto tanto, adesso posso iniziare nuovi percorsi, indossare nuovi vestiti, nuovi capelli…”

Tra le cose che Gomorra le ha dato, oltre al successo, ci sono l’incontro con il suo mito e quello con il suo grande amore.
“Sì sono state due emozioni pazzesche. Per me napoletano, tifoso del Napoli, nato nel 1986 incontrare Diego Armando Maradona, abbracciarlo, parlargli è stato tutto. Sentirsi poi dire ‘è un onore incontrarti’, Maradona a me… pensate come mi sentivo. E anche Paola l’ho incontrata grazie a Genny, lei mi ha scoperto tramite Gomorra e da lì è nata questa bellissima storia”.

Esposito e Jason Schwartzman in Fargo 

Dell’esperienza internazionale di Fargo cosa le è rimasto?
“Lì è stato qualcosa di magico. Ho avuto modo di capire un sistema totalmente diverso dal nostro, io sono uno competitivo e curioso di natura. Quindi lavorare con registi e attori internazionali è stato per me un’esperienza incredibile che mi ha spinto anche a fare riflessioni sul nostro mercato. Per me l’industria americana è come una boutique di marchi di lusso mentre quella italiana è una bottega artigianale dove nascono capolavori. Ecco noi dovremmo raccontare le nostre storie senza perdere lo sguardo che è tutto nostro ma con un occhio a quello che il mondo produce. Siamo indietro rispetto all’estero e dobbiamo trovare il modo di sfruttare il successo di serie come Gomorra e alzare l’asticella”.

A Venezia ha fatto amicizia coi colleghi della Casa di carta, anche il loro è il caso di una serie locale che è diventata fenomeno globale.
“Chi lavora alle serie tv spesso le ama, nel mio caso seguo tanti titoli e La casa di carta è sicuramente una di questi. Lo scorso anno ho incontrato Pedro Alonso (Berlino, ndr), qui a Venezia, siamo diventati amici, abbiamo un bellissimo rapporto, quest’anno ho incontrato Darko Peric (Helsinki, ndr). Sono belle emozioni, perché ti rendi conto che il tuo lavoro supera il tuo paese e arriva nelle altre nazioni”.

Gli anni passano. Come vede la vita dopo Gomorra?
“Dai diciotto ai ventiquattro anno ho lavorato al McDonald’s, poi mi sono trasferito a Roma e ho cominciato a studiare recitazione per due anni e mezzo e arriviamo a ventisette, ventotto. Da quando ho iniziato a fare questo mestiere sono passati poco più di otto anni e in questi anni è stato tutto molto intenso. Nelle mie più rosee aspettative non mi sarei mai immaginato di avere queste occasioni, e raggiungere questi obiettivi. Come saranno i prossimi otto anni? Non ne ho idea”.

La regia la tenta? Ne ha parlato con il suo amico fraterno Marco D’Amore?
“Sicuramente mi tenta. Con Marco non so se ne abbiamo parlato, gli ho sempre fatto i complimenti perché è bravissimo, c’è solo da imparare da lui. Non vivo la cosa come un’urgenza immediata ma non mi pongo limiti, non l’ho mai fatto prima e cerco di non farlo ora”.



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