Vercelli, strage di 49 anziani abbandonati nella Rsa: sei medici, vertici Asl e 118 verso il processo: “Lasciamoli morire nel letto, sono vecchietti di 96 anni”

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Il Covid girava da giorni nelle stanze della Rsa di piazza Mazzini, a Vercelli. Gli ospiti si ammalavano e morivano. Si ammalava il personale e non si riusciva a sostituire. La sera del 19 marzo dell’anno scorso la situazione era così compromessa che la struttura chiese l’intervento del 118. Diversi anziani erano in gravi condizioni, ma in ospedale a Vercelli c’era un solo posto in terapia intensiva e ben presto anche quello venne occupato da un paziente interno che si era aggravato. Che fare? Anziché cercare posto in altri nosocomi della zona, si decise di “lasciarli morire nel loro letto”, applicando il cosiddetto triage militare: “Stiamo parlando di vecchietti da 85 a 96 anni… Ho fatto il medico per salvare tutti, ma in questo caso bisogna andare giù duri… – dice il medico della centrale operativa del 118 nelle telefonate registrate e acquisite dalla procura parlando con l’ospedale di Vercelli – Ho parlato con l’unità di crisi, con la vostra direzione sanitaria e con te, concordiamo tutti a lasciarli al loro posto belli tranquilli”. “A posto – si sente rispondere – anche io farei… presto dovranno portare le bare”. E in effetti cinque degli anziani che quella sera necessitavano di un ricovero morirono il 20, 21 e 24 marzo.

La casa di riposo di piazza Mazzini 15 a Vercelli 

Era stato, per il Piemonte, come il caso del Pio Albergo Trivulzio, con un elenco di morti che si aggiornava di giorno in giorno, e alla fine  sono state 49 le vittime per il Covid nella Rsa di piazza Mazzini accertate dalla procura, che ora ha chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio a carico di sei persone, tra i vertici della struttura e dirigenti dell’Asl e del 118 che secondo gli investigatori avevano mal gestito l’emergenza.

Il pm Carlo Introvigne – che ha raccolto l’inchiesta avviata dal pm Davide Pretti – ha però cambiato l’impostazione iniziale dell’indagine e, oltre ad aver stralciato dal fascicolo alcune posizioni minori, ha fatto cadere le accuse di epidemia colposa, per le quali ha chiesto l’archiviazione. Per i sei indagati per i quali è stato chiesto il processo, dunque, restano in piedi le contestazioni di omicidio colposo e di omissione di atti d’ufficio.

La strada imboccata dalla procura di Vercelli, guidata dal procuratore capo Pier Luigi Pianta, è dunque in linea con la giurisprudenza tracciata dalla Cassazione che riconosce l’esistenza del reato di epidemia colposa solo a chi assume dei comportamenti che provochino la diffusione del virus e non a chi, omettendo di compiere delle azioni, lasciasse il virus libero di circolare e uccidere.

Vercelli, l’ombra di un rifiuto dietro sei decessi in una Rsa: “In terapia intensiva c’è un solo posto: lo teniamo per un paziente più giovane”

Dunque la conclusione a cui è arrivato il pm Introvigne sembra creare un precedente importante per tutte quelle inchieste che nelle procure del Piemonte – solo a Torino ce ne sono un centinaio – cercano eventuali responsabilità nella morte per Covid di ospiti delle Rsa durante la prima ondata della pandemia, quando ci si trovava di fronte a un virus sconosciuto, molti non avevano strumenti di protezione adeguati, ma anche chi li cercava faceva fatica a ottenerli poiché mascherine, guanti e camici venivano dirottati verso gli ospedali. E così, lentamente, la strage silenziosa degli anziani ha assunto proporzioni apocalittiche.

C’era voluto molto tempo prima che Vercelli si accorgesse di quello che stava accadendo in silenzio tra le mura della Rsa di piazza Mazzini. Gli anziani morivano a un ritmo che non era quello di sempre. Le camere mortuarie scoppiavano, gli anziani deceduti restavano anche per ore nei loro letti perché il personale non risuciva a stare dietro ai vivi, figuriamoci ai morti.

Coronavirus: due indagati per la strage silenziosa nella casa di riposo nel centro di Vercelli, il Pio Trivulzio del Piemonte

Nell’atto di accusa mosso dalla procura di Vercelli si mettono in luce in particolare le responsabilità del direttore amministrativo Alberto Cottini, della direttrice sanitaria Sara Buvet e della coordinatrice degli Oss, gli operatori sociosanitari, Silvia Cerutti, accusate di omicidio colposo per non aver chiuso del tutto la casa di riposo, “consentendo ai parenti di far visita saltuariamente anche dopo il divieto del 4 marzo 2020. Inoltre non avevano stabilito un adeguato distanziamento tra gli ospiti, anzi continuando a organizzare piccole festicciole di compleanno, tombolate o le recite del rosario”, scrive il pm.

Sani e malati, inoltre, in piazza Mazzini condividevano gli spazi in modo promiscuo, gli operatori non avevano i dispositivi di protezione individuale, e quando mascherine e guanti arrivavano venivano usati per più giorni, sebbene fossero monouso. E ancora nessuna sanificazione e nessun tampone erano stati fatti, comunque non in modo tempestivo.

A questo si aggiunge il ruolo di Chiara Serpieri, direttore generale pro tempore dell’Asl di Vercelli, che aveva “rifiutato indebitamente ogni intervento in ausilio della struttura, nella erronea convinzione che si trattasse di struttura privata per la quale non fossero previsti né necessari il controllo e la supervisione dell’Asl” e questo nonostante il direttore l’avesse “informata della grave situazione di contagio che si era diffuso all’interno della struttura e delle difficoltà nel reperire personale sanitario in sostituzione di quello assente per malattia” e fosse stata anche “sollecitata ad intervenire finanche dal sindaco di Vercelli e anche nel contesto di riunioni in prefettura”.

Serpieri inoltre, seocndo i magistrati, non si era curata di dare “comunicazioni di direttive, istruzioni, buone prassi e linee guida diramate da governo, Istituto superiore della sanità, ministero della Salute e Regione Piemonte” per far fronte all’emergenza Covid. E pure, si legge nella conclusione indagini, “ometteva di disporre immediatamente le necessarie ispezioni presso la struttura ad opera della commissione di vigilanza, quandomeno fino al 9 aprile, quando ormai era deceduta la maggior parte degli ospiti”.

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