NEW YORK – “Il 23 dicembre è già tardi. L’Italia forse ha un paio di settimane di vantaggio, ma deve sfruttarle applicando subito le misure contro Omicron”. È la sollecitazione che manda al governo Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute alla Northeastern University di Boston, uno dei maggiori esperti mondiali dei modelli di analisi delle malattie infettive.
L’Oms prevede uno “tsunami di contagi”.
“Sappiamo una serie di cose. Omicron si diffonde molto più rapidamente. Abbiamo avuto la conferma che una parte di evasione del sistema immunitario c’è. La crescita dei casi è impressionante, non l’avevamo mai vista a questa velocità, con tempi di raddoppio di due giorni e mezzo, tre. Il richiamo della terza dose di vaccino, come l’infezione unita a un ciclo di vaccinazione completa, danno una protezione abbastanza alta da Omicron. Questo è un dato che in paesi come il nostro potrebbe aiutare a tenere la situazione sotto controllo, e spinge a velocizzare i richiami. Il numero dei casi gravi, se uno è protetto dal vaccino, è molto minore. Però il fenomeno si innesta su un letto di infezioni di Delta che riuscivamo a malapena a contenere, e per il sistema ospedaliero può diventare un grosso problema”.
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Non sappiamo se la minore severità dipende da Omicron, ma sappiamo che il vaccino la riduce?
“È la cosa fondamentale: essere vaccinati e avere la terza dose abbassa il rischio di ospedalizzazione e complicazioni. La velocita e il numero di casi però preoccupano, anche perché nella situazione italiana c’è già una pressione sul sistema sanitario per Delta”.
I ricoveri sono già in aumento?
“Sì. Ci siamo abituati nelle ondate precedenti a un processo decisionale con tempi molto lunghi, mentre qui non ci sono. Col raddoppio ogni circa tre giorni, non possiamo prenderci una settimana per fare riunioni e decidere, perché significa la quadruplicazione dell’impatto della variante. Bisogna velocizzare molto la gestione della crisi, ma in Italia c’è l’idea che noi siamo in una situazione diversa. Dovremmo averlo già imparato che può esserci una settimana di ritardo, dieci giorni, ma i pattern si ripetono e Omicron da noi c’è. L’ultima misurazione dice che siamo allo 0,2%, ma era ad inizio dicembre e le percentuali sono già più grandi. Nel giro di una settimana ti ritrovi nelle condizioni degli altri paesi. Questo va assorbito in fretta da chi decide, perché i tempi sono stretti”.
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Quanti giorni abbiamo?
“Non si può fare una previsione precisa, perché in Italia non si misura la prevalenza di Omicron ogni giorno, come ad esempio nel Regno Unito o in Danimarca”.
Due o tre settimane?
“Diciamo due. Qualunque cosa si voglia fare, va fatta presto”.
Il governo ha in programma una riunione il 23 dicembre.
“Appunto, vuol dire che si fanno le cose per l’anno nuovo, ed è un pochino tardi. Così ti bruci il vantaggio”.
Che cosa bisogna fare?
“Non lo dico più, tocca ai decisori. Sono due anni che si parla di preparare le infrastrutture per il sequenziamento, le scuole, i test a casa, ma non è avvenuto e ciò è un po’ frustrante”.
Maschere, distanziamento, igiene?
“Tutto quello che si è sempre detto rimane utile, perché il virus si trasmette allo stesso modo. Soprattutto l’inverno, perché stiamo più al chiuso”.
Che cosa risponde a chi nota che anche i vaccinati si ammalano?
“Dire che il vaccino non serve a niente è una delle più grandi stupidaggini dell’universo. Protegge la persona dall’evoluzione più grave della malattia, e rallenta la diffusione. Questi sono giorni cruciali, dovremmo approfittare delle feste per accelerare le vaccinazioni, invece dei contagi. Chiunque può fare il richiamo, corra a farlo”.
Dovremo convivere col Covid come con l’influenza?
“Le lamentele sulla terza o la quarta dose non hanno senso. Ci sono moltissime malattie su cui abbiamo fatto infiniti richiami. Omicron è la coda finale? Non lo sappiamo, nulla vieta che dopo arrivi altro. Forse abbiamo sbagliato la comunicazione, dando l’impressione che le due dosi fossero l’arma risolutiva. Non è così: il vaccino è importantissimo, ma è possibile che vada modificato, forse ogni anno. Dobbiamo prepararci. Senza panico, ma con consapevolezza”.