Via Poma, “inchiesta pilotata da Sua Eccellenza”. Aperta commissione d’inchiesta

Pubblicità
Pubblicità

Ci sarà una commissione d’inchiesta parlamentare  sul delitto di via Poma. Un passo clamoroso per uno dei gialli più intricati e dibattuti d’Italia. I lavori alla Camera dei deputati dovrebbero cominciare entro il mese di maggio, a distanza di 32 anni dal fatto.

Troppe stranezze hanno avvelenato le indagini sull’omicidio di Simonetta Cesaroni, fin dal primo minuto. E alcune non sono mai state narrate, anche perché – anche ora – farlo non è semplicissimo. Una su tutte: la confidenza di un magistrato che, preso il cronista sotto braccio, già nell’autunno del 1990 gli sussurrò: ” Devo dirglielo…. è una inchiesta pilotata dall’alto, ci sono state pressioni… Chiaramente io non le ho mai detto nulla”.

Delitto di via Poma, “riaperte le indagini” 32 anni dopo sulla morte di Simonetta Cesaroni. C’è un nuovo sospettato

E, anomalia su anomalia, il grande giallo è andato avanti così, al punto che a diventare sovrana è stata la più semplice delle domande: perché? Per quali interessi, in un delitto che ha avuto come vittima una ragazza di borgata, si sono mosse persone tanto importanti? Perché e come tanti avvocati di grido?

Perché tante disattenzioni investigative da una parte e tanta premura, dall’altra, a mettere al sicuro da chiacchiere e da sospetti alcune persone e altre no? Ad esempio: mai venne detto che nel palazzo abitava il presidente della Corte di Appello, Mario Delli Priscoli ( poi diventato Procuratore Generale di Cassazione) col figlio Lorenzo oggi magistrato a sua volta nonché autore di una bella canzone che potete andare a sentire su Youtube: ” Direzione Anagnina”.

Che Simonetta Cesaroni venisse a lavorare in Prati venendo col metrò proprio dalla direzione Anagnina è una ovvia coincidenza e sicuramente l’alto magistrato e suo figlio non c’entrano assolutamente nulla con il delitto. Solo che allora i giornalisti sapevano tutto di tutti e venivano informati anche di supposte relazioni segrete, incestuose talvolta, di questo e di quello.

Di Vanacore venne detto, dalla polizia, che aveva staccato la testa di un gatto con le mani. E noi ad accertarci che fosse vero. È il nostro lavoro: ricevere una informazione e verificarla. Dunque scoprire – a distanza di anni dai fatti – che in mezzo a quella tempesta di piste e sospetti qualcuno avesse avuto la delicatezza di aprire un ombrello per proteggere un nome, come dire?, fa effetto.

Ma accennavamo prima all’incontro con un altro magistrato, quello della ” confidenza”. Avvenne nel Palazzo di Giustizia la mattina in cui il Tribunale della Libertà doveva decidere sul ricorso del portiere, Pietro Vanacore, contro il suo arresto. Il magistrato – mai conosciuto prima – prese chi scrive sotto il braccio e, allontanandolo dal gruppo dei giornalisti gli disse: ” Vedrà, Vanacore sarà rimesso subito in libertà. Non c’è una sola prova contro di lui ” .

Il cronista gli rispose: ” Ma come? Siete stati voi a convalidarne il fermo…”. E lui: “Sa…ha telefonato sua eccellenza e ha detto che bisognava dargli più carcere preventivo che fosse possibile. Era stato raggiunto a sua volta da una telefonata più in alto…”. Al tentativo del cronista di saperne di più – ” È stato il ministro? ” – il magistrato mise un dito sulle labbra e si congedò. Ecco una delle ragioni per cui ” La Repubblica” è stata critica fin dall’inizio sullo svolgimento delle indagini. Ma ce ne sono state anche altre, come tracce di sangue ignorate e false piste pompate, che hanno reso sempre “anomalo” il caso di via Poma. Che qualcuno decida di far luce sul perché di tante stranezze sarebbe sacrosanto.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *