La madre di Sara di Pietrantonio: “Rivivo l’orrore di mia figlia. Cinque processi per avere giustizia”

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Tina Raccuia, come ogni pomeriggio, sta sistemando la gabbia di Romeo e Giulietta: i pappagallini che Sara aveva voluto in regalo per i suoi 18 anni. Sara Di Pietrantonio amava Shakespeare e la danza, è stata uccisa e bruciata a 22 anni dal suo ex ragazzo, Vincenzo Paduano, nel maggio del 2016. Il corpo della ragazza è stato ritrovato in via della Magliana. Mamma Tina sospira davanti alla notizia dell’ennesimo femminicidio: «Ogni volta è una grandissima sofferenza. È come rivivere il proprio orrore. La verità, lo dico tra i denti, è che nei tribunali che ho frequentato per tanti anni c’è un patriarcato radicato».

L’assassino di Sara è stato arrestato dopo una settimana.

«Ci vuole la fortuna, adesso, a incontrare il giudice giusto. E non è una questione di sesso, se è un giudice donna o uomo. È tutto un fatto culturale, ci vuole una rivoluzione in questo senso».

Giulia Cecchettin aveva 22 anni, proprio come Sara.

«Nella storia di Giulia ci sono tante similitudini con quella di Sara. L’età, certo, ma anche che i due ragazzi studiassero come Sara e Vincenzo che erano due lettori onnivori. Poi c’è la violenza psicologica, che è evidente che questo ragazzo perpetrava nei confronti di Giulia come Vincenzo con Sara. Una dinamica quasi simile anche nel senso di inferiorità che l’ex nutriva nei confronti di Sara che si impegnava per laurearsi presto nonostante gli ostacoli che lui le metteva davanti. Quel ragazzo era alla ricerca ancora di se stesso».

L’ergastolo per Vincenzo Paduano arriva dopo 5 anni.

«Ci sono voluti cinque gradi di giudizio, i canonici tre non erano bastati. Un’altra sofferenza per me e devo dire che non posso nemmeno lamentarmi. La condanna di Vincenzo è stata esemplare e unica. Anche se farà 25 anni in carcere e non ci passerà tutta la vita, io la sento come una vittoria per Sara».

C’è la proposta di far diventare legge l’istituzione di corsi all’educazione affettiva nelle scuole. Cosa ne pensa?

«Sono contenta, parlare ai ragazzi è importante. Ben venga una legge in questo senso. E davanti alle donne uccise si superino gli scontri politici, l’educazione nelle scuole è fondamentale. Spero che questo ennesimo femminicidio, così terribile, dia una spinta a questi corsi, che si velocizzi l’organizzazione. Anche io vado nelle scuole, molto spesso».

Come sono i suoi incontri con i ragazzi?

«Porto un docufilm su Sara e lo faccio vedere agli studenti. Sono molto attenti, devo dire di più le ragazze perché si sentono più coinvolte dal punto di vista emozionale. Ci sono stati anche ragazzi che mi hanno avvicinata e raccontato di situazioni di violenza psicologica in famiglia».

La stessa dimensione che ha vissuto Sara con il suo ex.

«Sara non mi aveva mai confidato che il suo ex la perseguitava, nemmeno alle sue più care amiche che però avevano intuito qualcosa quando lui l’aveva allontanata anche da loro. Ma le pressioni che esercitava su di lei non le conosceva nessuno. Il cellulare di Vincenzo, poi ritrovato, ha svelato diciotto mila messaggi inviati a Sara. Leggendo quelle chat è emerso il disagio di mia figlia che forse non mi aveva confidato per un senso di vergogna. Io l’ho avuto dentro casa quel ragazzo, qualcosa avevo percepito ma non immaginavo tutto quello che sarebbe successo. Noi ridevamo sul fatto che Vincenzo diceva a Sara di non indossare gli shorts. Non ho colto i segnali e mi riferisco a questa mia stessa esperienza quando parlo di rivoluzione culturale».

Come possono difendersi le ragazze, quali i consigli da dare?

«Ai primi segnali di un controllo ossessivo si deve capire che non è amore e che si sta correndo un grave pericolo. Si devono allontanare da chi le tratta in questo modo».

E al padre di Giulia cosa vorrebbe dire?

«La tragedia di mia figlia mi ha fatto scoprire lati di me di cui non ero a conoscenza. Non saprei cosa dirgli, posso solo dargli il mio affetto. Gli auguro di trovare un po’ di pace ma sarà dura. Io ancora ci sto provando, ma sono ancora dentro l’inferno».

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