La Lega vuole 10mila riservisti pronti a combattere. Il Pd: “È la loro Gladio”

Pubblicità
Pubblicità

La Lega va all’attacco sul fronte dei riservisti e sorpassa lo stesso governo Meloni. Lo fa con un disegno di legge firmato da Nino Minardo, presidente della Commissione Difesa di Montecitorio, che prevede la creazione di un corpo di 10 mila soldati part-time destinato a mansioni molto combattive, oltre che “al presidio del territorio insieme a polizia e carabinieri in caso di emergenze nazionali”. Missioni che contrastano con le ipotesi circolate negli scorsi mesi, che prevedevano per la Riserva compiti di supporto con un’enfasi anche sugli interventi di Protezione civile. «Ci mancava la Gladio leghista…», commenta Filippo Sensi del Pd.

L’iniziativa di Minardo pone due problemi. Il primo è di ordine procedurale. Il governo ha infatti una delega – votata ai tempi dell’esecutivo Draghi e poi rinnovata da quello Meloni – che gli affida il compito di stabilire regole e compiti della nuova realtà militare. Secondo ambienti della Difesa, il ministro Guido Crosetto non considererebbe la proposta un passo ostile, valutandola un contributo al dibattito parlamentare. Ma Crosetto intende comunque esercitare la delega e formulare il suo piano per i riservisti.

Il secondo, assai più rilevante, riguarda il ruolo dei 10 mila richiamati. Anzitutto, il testo di Minardo circolato alla Camera esclude la possibilità di reclutare civili con professionalità specifiche: i posti sono soltanto per i congedati delle forze armate, provenienti dai ranghi della ferma breve e di età inferiore a 40 anni. Giovani e addestrati: nell’ottica di prepararsi a un conflitto su larga scala, come quello in Ucraina, si tratta della scelta più logica per potenziare l’organico. In questo modo però alla Riserva viene data un’impronta soprattutto combat.

Gli articoli preparati dal deputato leghista siciliano sono espliciti: “Il governo può mobilitare la riserva in tempo di guerra e di grave crisi internazionale o in caso di situazioni di grave crisi suscettibili di ripercuotersi sulla sicurezza dello Stato, nonché per la difesa dei confini o in forma complementare e in attività in campo logistico nonché di cooperazione civile-militare”. In pratica scompare ogni riferimento ai disastri naturali e al contributo alla Protezione civile.

Minardo va oltre: “Il governo può mobilitare la riserva per adibirla al presidio del territorio, anche in concorso con le forze di polizia, in caso di dichiarazione dello stato di emergenza”. Non si tratta quindi di specialisti per incarichi di supporto – si era ipotizzato di includere tra i riservisti personale sanitario ed esperti cyber – ma soprattutto di fanti che in situazioni straordinarie garantiranno pure la sicurezza al fianco di polizia e carabinieri. Niente ruspe per liberare le strade alluvionate, né soccorritori per i terremoti o infermieri per le pandemie: i richiamati faranno solo i soldati.

Un punto che il Pd reputa inaccettabile: «La nostra posizione è chiara da sempre – ribadisce Stefano Graziano, capogruppo in Commissione Difesa – : sì ai riservisti ma non per ruoli di combattimento. La delega li prevede soltanto come sostegno alla Protezione civile e per mansioni tecnico-logistiche». Ancora più dura Luana Zanella, di Alleanza Verdi e Sinistra: «Il nostro antimilitarismo ci fa guardare alla proposta della Lega con preoccupazione anche per le questioni interne. Un gruppo armato pronto a sparare agli ordini di un premier, magari eletto dal popolo come vuole Meloni, è una ulteriore ferita alla democrazia».

Il disegno Minardo spiega che i riservisti, tutti volontari, ogni anno dovranno sottoporsi a una visita medica e fare due settimane di addestramento. Tutto questo per essere pronti a tornare di corsa in caserma: la mobilitazione decisa dal governo dovrà essere autorizzata dal Parlamento entro 48 ore.

La Riserva è una novità per la nostra tradizione militare – ai tempi della leva il richiamo avveniva in numeri irrisori, poi c’è stato un minuscolo contingente di ufficiali selezionati – e un dibattito simile a quello italiano oggi sta avvenendo in altri Paesi europei, tutti alle prese con la necessità di riformare gli eserciti. Non a caso i due modelli citati sono agli antipodi: quello svizzero, che non ha mai combattuto una guerra, e quello israeliano, oggi impegnato nell’offensiva di Gaza.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *