Accordo storico al G20: via libera alla tassa minima globale del 15% per le multinazionali

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VENEZIA – Il Big Bang mondiale del fisco scatta dall’Arsenale. I paesi del G20 dopo due giorni di riunioni, fitti incontri bilaterali e mediazioni, hanno dato il semaforo verde alla global minimun tax, l’imposta unica planetaria che imporrà alle multinazionali, a partire da quelle del web, Google & C., di pagare una aliquota minima del 15 per cento e di pagare le tasse, non più nei “comodi” paradisi fiscali, ma nei paesi “market”, dove effettivamente sviluppano il fatturato. Il gettito potrebbe arrivare su scala mondiale a 150 miliardi di dollari. Il provvedimento entrerà in vigore a partire dal 2023.

Dalla minimum tax al 15% 2,7 miliardi per l’Italia, ma l’Europa si spacca

Per l’Italia di Draghi, qui guidata dal ministro dell’Economia Daniele Franco, affiancato nel G20 dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, si tratta di un successomno solo di immagine. L’intesa ora passa ai tavoli tecnici dell’Ocse per le limature del caso e ad ottobre, in occasione di una nuova riunione dei Venti, otterrà l’approvazione definitiva.

Nel frattempo, Francia, Germania e Stati Uniti faranno pressioni – come ha detto il ministro delle Finanza di Parigi Bruno Le Maire – per innalzare l’aliquota  minima del 15%, rafforzando così la global minum tax. Da qui a ottobre, inoltre, il G20 si attiverà per ottenere il consenso dei paesi più recalcitranti com Irlanda, Ungheria e i paradisi fiscali in giro per il mondo.

Il meccanismo dell’aliquota minima del 15 per cento costringerà le multinazionali a considerare l’opportunità di abbandonare i “paradisi fiscali” europei come l’Irlanda, dove la tassa sui profitti è del 12,5 per cento, o in alternativa a non considerare più un vantaggio istallare la sede fiscale in questi paesi: l’accordo infatti prevede che la differenza che intercorre fino all’aliquota minima potrà essere riscossa dallo Stato dove sta il quartier generale della compagnia. Ad esempio, nel caso delle web company, gli Stati Uniti. Insomma se Google & C. manterranno la sede fiscale dove si paga il 12,5 dovranno pagare il 2,5 per cento negli Usa.

L’accordo globale sulle tasse: domande e risposte su come cambia il fisco per le multinazionali

Meccanismo a tenaglia anche per riconoscere agli Stati “market”, cioè dove le multinazionali del web o di altri settori, vendono i propri servizi e non pagano tasse sui profitti realizzati. In questo caso tutte le compagnie con più di 20 miliardi di fatturato globale e con margini di profitto superiori al 10 per cento dovranno “disvelare” vendite e utili in modo da poter essere tassate con le aliquote del paese “market” dove si sviluppano effettivamente i ricavi. Naturalmente non inferiori al 15 per cento.

Fin da stamattina la segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen ha annunciato che si stava andando verso un accordo “buono per tutti”. Nel pomeriggio il ministro francese Le Maire ha parlato di una “rivoluzione” e si è detto convinto che i paesi “dubbiosi” come Irlanda e Ungheria si convinceranno prima di ottobre. Il commissario europeo per gli Affari economici ha parla di un “accordo storico”.

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