Salario minimo, bagarre dopo il maxi emendamento: opposizioni ritirano la firma. Conte strappa testo in Aula. Schlein: “Governo di sfruttatori”

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È bagarre a Montecitorio sul salario minimo. L’atto finale è il ritiro delle firme dei leader dell’opposizione dal testo delle destre che affossa i 9 euro lordi l’ora di salario minimo legale. Con un maxi emendamento firmato dal meloniano Walter Rizzetto si delega al governo di trovare un meccanismo sostitutivo per “retribuzioni eque”.

A metà pomeriggio prende la parola Giuseppe Conte: “Ritiro la firma da questo provvedimento perché state facendo carta straccia del salario minimo. Meloni volta le spalle a 3 milioni e 600 mila lavoratori poveri. Oggi Meloni e soci tolgono la maschera”. E il leader dei 5Stelle straccia il fascicolo del maxi emendamento, firmato dal meloniano Walter Rizzetto, che ha affossato il salario minimo. La delega al governo è ridotta in briciole. Interviene Nicola Fratoianni, il segretario di Sinistra italiana: “Ritiro la firma da un atto indecente, di pirateria politica e istituzionale, è uno schiaffo a tutto il Parlamento”. Poi è la volta di Matteo Richetti di Azione, che ritira la firma.

Infine è Elly Schein, la segretaria del Pd a condurre il j’accuse senza sconti: “Comunico la mia volontà di togliere la mia firma da questa proposta di legge, questa non è più la proposta delle opposizioni perché la maggioranza l’ha svuotata con la consueta arroganza. Non nel nostro nome state tradendo le attese dei lavoratori che avete pugnalato alle spalle, senza neppure avere il coraggio di guardarle in faccia. Governare non vi autorizza a umiliare le prerogative delle opposizioni, la Costituzione non vi autorizza ad abusi di potere. Vergogna”. Toglie il suo nome anche Riccardo Magi di +Europa. E via via tutti gli esponenti delle opposizioni si dissociano dallo scheletro rimasto della legge sul salario minimo.

Nell’aula della Camera, dove il testo approda dopo mesi di “stop and go”, è scontro. La destra urla e contesta. I leghisti si alzano in piedi, insulti alla sinistra che rincara le proteste, applausi di scherno, cori. Sull’accusa mossa dalla sinistra di “pirateria” e di “scippo”, poiché la proposta delle opposizioni è diventata una delega al governo, la destra va al contrattacco. È botta e risposta. ll meloniano Tommaso Foti e il centrista Maurizio Lupi sostengono che la maggioranza ha fatto una modifica del testo legittima. Giorgio Mulè, il forzista che presiede l’aula, assicura: “Il regolamento è stato rispettato”. Però anche il renziano Luigi Marattin, che non ha sottoscritto la legge sul salario minimo, ammette: “Il governo calpesta i diritti delle opposizioni”.

A mezzogiorno, in una riunione accanto alla sala del Mappamondo a Montecitorio, le opposizioni unite (eccetto Italia Viva) hanno tenuto una riunione. Decidono lì la strategia del ritiro della firma. Mettono la destra con le spalle al muro, perché uno dei quattro emendamenti presentati da Pd-M5S-Avs-+Europa e Azione sostituisce il “sostitutivo” maxi emendamento Rizzetto, ovvero ripristina i 9 euro. La destra è chiamata a votare quell’emendamento: per la prima volta, senza potersi sottrarre, dice no chiaramente al salario minimo. Il meccanismo alternativo della destra prevede di estendere, entro sei mesi, il trattamento economico complessivo minimo del contratto più applicato a tutti i lavoratori che nella stessa categoria, o in quella più affine, non siano coperti dalla contrattazione collettiva. Altra novità è la partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle imprese.

Ma è tutto affidato all’esecutivo, dopo che il governo aveva persino chiesto il parere del Cnel e perciò sospeso il dibattito in Parlamento per tutta l’estate. Arturo Scotto rivolge l’ultimo appello alla destra: “Ritirate la delega”. Schlein rincara: “È l’antipasto del premierato: tutti i poteri concentrati nelle mani del capo e il popolo chiamato ogni 5 anni ad acclamarlo”. La maggioranza boccia gli emendamenti delle opposizioni. Contro gli emendamenti renziani votano sia destra che opposizioni Oggi ci sarà il voto finale, dopo le dichiarazioni dei leader. Maurizio Landini, il leader della Cgil, che era a Bruxelles, avverte: “È un errore grave quello che il governo sta facendo, senza nessuna trattativa sul salario minimo”.

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