La Corte di giustizia Ue boccia l’Italia, le ferie non godute vanno monetizzate

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Il lavoratore che non abbia potuto fruire di tutti i giorni di ferie annuali retribuite prima di dare le dimissioni ha diritto a un’indennità finanziaria. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Ue specificando che gli Stati membri non possono addurre motivi connessi al contenimento della spesa pubblica per limitare tale diritto.

La sentenza riguarda il caso di un funzionario del comune di pugliese di Copertino (Lecce) che dimessosi volontariamente per il prepensionamento aveva chiesto il riconoscimento del diritto ad un’indennità sostitutiva delle ferie annuali non godute, per un totale di 79 giorni, che non aveva preso durante il lavoro.

 Dal suo canto, il comune sosteneva che il funzionario fosse consapevole del suo obbligo di prendere i giorni residui di congedo prima delle dimissioni e che non poteva monetizzarli. La legge italiana prevede, infatti, che i lavoratori del settore pubblico non abbiano in alcun caso il diritto al pagamento delle ferie annuali non utilizzate.

L’interpretazione data alla disposizione italiana dalla giurisprudenza nazionale consente la monetizzazione al posto del congedo annuale solo se il congedo non è stato effettivamente preso per motivi che esulano dal controllo del lavoratore, come la malattia.

Con la sentenza, i giudici di Lussemburgo hanno confermato che il diritto europeo osta a una normativa nazionale che vieta di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite non goduti qualora tale lavoratore ponga fine volontariamente al suo rapporto di lavoro. Per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dal legislatore italiano nell’adottare la normativa nazionale di cui trattasi, la Corte ha ricordato, inoltre, che il diritto dei lavoratori alle ferie annuali retribuite, inclusa la sua eventuale sostituzione con un’indennità finanziaria, non può dipendere da considerazioni puramente economiche, quali il contenimento della spesa pubblica. 

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