Sversate cinquemila tonnellate di rifiuti speciali nel torrente a Reggio Calabria: un arresto. Il gip: “Disastro ambientale, rischio esondazione”

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Disastro ambientale e messa a rischio della popolazione. Accuse gravissime per Bruno Crucitti, 65 anni, titolare dell’impresa “Crucitti Group srl”, agli arresti domiciliari, e per altre quattro persone che risultano indagate nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Dda di Reggio Calabria su un’organizzazione criminale che avrebbe gestito un traffico illecito di rifiuti. Secondo quanto è emerso dall’indagine, l’organizzazione avrebbe sversato illecitamente oltre cinquemila tonnellate di rifiuti speciali nel torrente Valanidi, uno dei corsi d’acqua che attraversano Reggio.

Disastro ambientale

Il Gip di Reggio Calabria, Angela Mennella parla di “disastro ambientale, con l’alterazione della normale conformazione dell’ecosistema e con il conseguente rischio di esondazioni, in caso di piogge intense, e pericoli per la popolazione”. Lo scrive nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita dai carabinieri a carico di Bruno Crucitti. I rifiuti depositati illecitamente consistevano in materiale inerte e relativi residui fangosi e scarti da cantieri edili e demolizione.

Nell’inchiesta sono indagati, oltre a Crucitti, indicato come “capo, direttore organizzativo ed esecutore materiale” dell’associazione per delinquere sgominata dai carabinieri, i due figli dell’imprenditore, Francesco e Daniele Crucitti, di 39 e 36 anni, rispettivamente amministratore unico e socio dell’impresa di famiglia, e due dipendenti con mansioni di autisti, Edoardo Belfiore, di 56 anni, e Giovanni Salvatore Vittoriano, di 59.

Sito compromesso

Una perizia tecnica disposta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria ha certificato, scrive il Gip nell’ordinanza, “la compromissione della morfologia naturale del sito” a causa delle operazioni di scarico dei rifiuti, “che hanno provocato l’incremento della possibilità di esondazione in caso di eventi pluviometrici estremi, l’aumento del rischio igienico sanitario, la deturpazione dell’area e danni agli habitat fluviali”. La modifica della conformazione del Valanidi, infatti, “ha determinato – riferisce una nota stampa dei carabinieri – la creazione di insidiose barriere artificiali originate dalla stratificazione e compattazione dei materiali smaltiti, cagionando in tal modo un forte pregiudizio al naturale decorso delle acque. Tale accumulo risultava essere un importante e pericoloso amplificatore del pericolo esondazione in una zona, peraltro, già classificata a rischio sotto il profilo dell’assetto idrogeologico, con ipotizzabili effetti devastanti per gli 83 nuclei familiari residenti nelle adiacenze”.

Nella stessa zona, tra l’altro, 70 anni fa, ci fu un’esondazione dello stesso torrente Valanidi che provocò la morte di 44 persone.

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