Ousmane aveva cominciato a dare segni di impazzimento a metà gennaio quando gli era arrivato il decreto di proroga della sua detenzione: non più tre mesi ma fino a 18 come previsto dalle nuove norme del decreto Cutro per i migranti espulsi e in attesa di rimpatrio. E a Trapani lo psicologo del Cpr di Milo aveva avvertito in una relazione: “Le condizioni psicologiche di questa persona non sono compatibili con la permanenza nel centro”
Prima nel Cpr di Milo a Trapani, poi in quello di Ponte Galeria a Roma dove il giovane 22enne della Guinea, suicidatosi ieri, era stato trasferito da una decina di giorni dopo la rivolta che ha semidistrutto il centro di Trapani. Piuttosto che rimanere chiuso in quei lager di Stato, il ragazzo avrebbe preferito persino tornarsene a casa, ma impossibile visto che la Guinea non è uno dei Paesi che accetta immigrati di ritorno e il governo Meloni, come i precedenti, non è riuscito a stringere neanche un accordo di rimpatrio con i Paesi da cui proviene la maggior parte dei migranti sbarcati in Italia. E la Guinea, con oltre 18.000 migranti, è stata proprio la prima nazionalità di persone arrivate sulle nostre coste nel 2023.
Da giorni Ousmane chiedeva aiuto, riceveva farmaci sedativi come succede da tempo nei Cpr, ma nessuno si era preoccupato del suo stato di depressione neanche quando, il giorno prima, aveva scritto in francese su un muro, una sorta di testamento chiedendo perdono alla madre e augurandosi che il suo corpo fosse riportato in Africa. Ora sul suicidio del giovane la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta con l’ipotesi di reato di istigazione al suicidio che serve solo ad autorizzare l’autopsia sul corpo del giovane trovato impiccato alle sbarre della sua cella all’alba di ieri. E 14 suoi compagni di detenzione che ieri hanno dato vita ad una sassaiola contro le forze dell’ordine e al danneggiamento del Cpr questa mattina sono stati arrestati dalla polizia.
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