Anche i dirigenti bocciano la manovra: “Non c’è crescita”

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ROMA — «Una legge di Bilancio velleitaria e poco equa». È un punto di vista particolare quello dei manager. Figure apicali che all’interno delle aziende occupano una posizione “di mezzo” tra la proprietà e gli altri dipendenti.

Ed è forse per questo che Mario Mantovani, presidente di Federmanager – associazione che rappresenta 42 mila dirigenti – sembra sintetizzare tutte le critiche arrivate, da fronti diversi, alla manovra del governo Meloni.

Come gli industriali, Mantovani pensa che non contenga misure in grado di innescare una vera crescita: velleitaria. E come i sindacati, che non sia equa, perché «cerca risorse lì dove non andrebbero cercate, per non rischiare di compromettere la coesione sociale, cioè nel welfare e nella previdenza».

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Il Pil debole

Ma la chiave, per Mantovani, è soprattutto la crescita. Perché, dopo il grande rimbalzo post-Covid, i numeri del Pil italiano sono tornati al consueto “zero virgola”. Un ritmo che in prospettiva non garantisce né la tenuta dei conti pubblici né quella del welfare.

Da questo punto di vista il presidente di Federmanager critica anche l’intervento cardine della manovra, cioè la proroga di un anno al taglio del cuneo fiscale: «Toccare i contributi significa mettere a carico delle prossime generazioni ulteriore debito occulto – dice – Con le stesse risorse si poteva ridurre in modo consistente l’imposizione sui rinnovi contrattuali, cosa che avrebbe garantito sostegno ai lavoratori ma anche stimolato la crescita».

Alle critiche degli industriali, il governo ha replicato che per la crescita ci sono gli investimenti del Pnrr, la cui revisione ha appena ottenuto il via libera della Commissione Ue.

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MARIO MANTOVANI

Gli investimenti privati

Ammesso però che si riesca davvero a far viaggiare la macchina di bandi, gare e cantieri a pieni giri. «Potrebbe portare la crescita su livelli strutturalmente più alti, ma i ritardi accumulati sono molti», dice Mantovani. «Una risistemazione complessiva era auspicabile, anche se una cosa che mancava all’inizio, e mi pare manchi ancora, è un’efficace mobilitazione degli investimenti privati».

Serve questo, per sbloccare un’economia che secondo Mantovani è solida e diversificata, e soprattutto nel terziario ha margini di crescita.

Secondo Federmanager, che la scorsa settimana a Milano ha tenuto il convegno annuale, l’86% delle imprese italiane ha una proprietà familiare, dato non così diverso dalla media europea, ma a fare la differenza è il fatto che tre su quattro sono anche gestite dai membri della famiglia, contro il 40% di Francia e Germania.

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La concorrenza

«Bisogna incentivare la concorrenza – dice Mantovani – lasciando spazio di crescita alle aziende più strutturate, che hanno capacità di investire, attirare i talenti e remunerarli, superando l’idea che tutte debbano restare sul mercato».

Non sembra l’attitudine di questo governo, che ha promesso libertà a chi vuole fare, ma si concentra soprattutto sulla piccola Italia degli artigiani e degli agricoltori, alla protezione di categorie come taxisti o balneari.

Credo che il tentativo, con un elettorato molto frammentato, sia mandare messaggi di difesa alla varie categorie – dice Mantovani – piuttosto che fare un discorso generale che coniughi tutela e crescita».

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