Bonus solo a marzo e l’incubo cinese: così l’auto elettrica zavorra l’industria

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Roma — Nel 2023 la crescita è ancora da prefisso telefonico: +0,5% rispetto al 2022. In Italia poco più di 46 mila persone hanno comprato un’auto elettrica. Cifre che spingono il Paese in fondo alla classifica, tra quelli fanalino di coda dell’Europa. Colpa non solo dei listini delle vetture con la batteria, che costano almeno un 30% in più dei veicoli a benzina, ma dei ritardi accumulati dalla politica e dai governi nella scelta degli incentivi giusti per spingere i veicoli con la spina. L’esecutivo Meloni, forse per la diffidenza nei confronti della transizione verso l’elettrico e in nome della neutralità tecnologica dei carburanti alternativi, ci ha messo più di un anno a partorire il pacchetto che ha presentato ieri al Tavolo Automotive.

Un sistema con contributi più pesanti rispetto a quelli in vigore del governo Draghi, fino a 5 mila euro, che però hanno avuto scarso appeal e poco utilizzo. Tanto che sono avanzati, in media, 250 milioni negli ultimi due anni. Con i nuovi si arriva fino a 13.750 euro di contributo per acquistare un’auto elettrica rottamando una vecchia macchina, fino a Euro 2, e con un Isee sotto i 30 mila euro. Senza Isee il bonus scende a 11 mila. Duemila euro anche per le famiglie che vogliono comprare un’auto usata, ma solo Euro 6, e un sistema di noleggio a medio e lungo termine, ribattezzato social leasing e copiato dalla Francia, per sostenere le persone meno abbienti a cambiare auto. Peccato che entrando oggi in una qualsiasi concessionaria di auto non si potrà sfruttare nessuno di questi sostegni. E nemmeno la prossima settimana. Se ne riparlerà, se va bene, tra firme dei ministeri, passaggi alla Corte dei Conti e nuova piattaforma Invitalia, a fine marzo.

Ritardi e lentezze, un mix che produce effetti negativi quando si tratta di sostenere il mercato delle elettriche. Da qui nascono i timori dell’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, rispetto agli effetti sui due stabilimenti, Mirafiori e Pomigliano, dove la produzione elettrica è più forte. E Tavares, che già ad Atessa aveva espresso disagio per le critiche mosse dalla premier Meloni nei confronti di Stellantis, si sfoga con Bloomberg. E definisce le polemiche come «un capro espiatorio nel tentativo di evitare di assumersi la responsabilità per il fatto che non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici». Una questione che le associazioni di categoria del settore, da Unrae, che rappresenta le case produttrici estere, a Federauto, che raggruppa le concessionarie, sollevano da mesi per paura di contraccolpi. «I nuovi incentivi vanno bene, peccato che tra ritardi e lentezze c’è il rischio che in attesa dei nuovi contributi, le auto elettriche si vendano ancora meno di quanto si vendono normalmente», ha detto ieri il presidente Michele Crisci, numero uno di Volvo Italia. Il mercato a gennaio è partito bene: sono state immatricolate 141.946 auto, il 10,61% in più di gennaio 2023. Le previsioni, però, non sono buone e si teme un 2024 fiacco. Il gruppo Renault annuncia che applicherà da subito il nuovo sistema fino a 13.750 euro, accollandosi la differenza tra i vecchi incentivi Draghi e quelli che prima o poi arriveranno.

Basta vedere cosa è successo in Germania, che sul fronte incentivi alle vetture elettriche, esenti dalla tassa di circolazione per dieci anni, ha messo molte risorse. Lo stop ai contributi, dopo una sentenza della Corte costituzionale tedesca, ha provocato un crollo del 23% delle vendite a dicembre. Il governo del cancelliere Olaf Scholz sta cercando di correre ai ripari perché il programma prevedeva sostegni, fino a 9 mila euro, per tutto il 2025. Stellantis, che è partecipata da Exor che controlla anche Repubblica attraverso Gedi, ha poi l’esempio della Francia. Anche Parigi ha deciso di cambiare meccanismo, ma con tempi rapidi e facendo scattare le novità dal 1 gennaio. Solo 5 mila euro di bonus, più 2 mila con redditi sotto i 14 mila euro, ma entra in gioco un punteggio ambientale e un’analisi dell’impronta carbonica. Un modo per mettere una barriera alle vetture prodotte in Cina e importate in Europa. E poi la novità del leasing sociale: macchine elettriche a meno di 100 euro per le famiglie con reddito basso. Prenotazioni esaurite in meno di un mese.

Già, la Cina. L’incubo, dei produttori occidentali e della politica, è che le auto a batteria in arrivo da Pechino invadano l’Europa. E i superincentivi possono essere un modo per difendersi. «Peccato che i cinesi siano partiti prima anche sugli incentivi — racconta Luca Beltrametti, direttore del dipartimento di Economia dell’Università di Genova — fin dal 2009, facendo un sistema intelligente che premia parametri di risparmio di combustibile, aumento dell’autonomia, l’efficienza energetica delle batterie. oltre ad una riduzione delle tasse d’acquisto».

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