Il caso del Giandujotto arriva a Bruxelles: ecco i 5 motivi della contesa

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“A Caffarel-Lindt certo va riconosciuto il merito della diffusione del Giandujotto nel mondo attraverso l’industrializzazione, e se non aderirà al nostro disciplinare potrà tranquillamente continuare a chiamarlo con il suo nome. Ma senza aggiungere l’Igp”. Non usa mezzi termini il maestro cioccolatiere torinese Guido Castagna presidente del Comitato che a breve diventerà Consorzio e che ha avviato le pratiche per il riconoscimento a Bruxelles del Giandujotto di Torino Igp. Riconoscimento da ottenere con un rigido disciplinare a cui si è opposta la multinazionale svizzera. I motivi del contendere sono di fatto tre: gli svizzeri dicono no al nome “Giandujotto di Torino IGP” a favore di “Giandujotto del Piemonte”, chiedono di introdurre il latte in polvere e di abbassare la percentuale di nocciole. Ma i torinesi e i piemontesi doc, e con loro tutti gli italiani, non ci stanno. Non ci pensano proprio di stravolgere la ricetta originale fatta di tre ingredienti: nocciole Piemonte Igp, cacao e zucchero (e qualche altro minuscola aggiunta ma in percentuale infinitesimale) .

È storia e cultura del gusto a 360 gradi e oltre. Per questo l’incontro telefonico di oggi pomeriggio fra il governatore Alberto Cirio, Castagna e Janusz Wojciechowski, Commissario europeo per l’Agricoltura è stato un primo passo importante, un segnale forte di un percorso che può portare al risultato sperato perché “Wojciechowski ha assicurato che presterà molta attenzione ai documenti che riguardano la questione e per la Regione Piemonte è stato un primo successo essere arrivati in pochissimo tempo a un confronto con la commissione europea, segno che le istituzioni regionali ci sono”. Ancora dunque nulla di concreto ma qualcosa potrebbe iniziare a muoversi a breve termine. I prossimi passi? “Andremo a Roma dal ministro Lollobrigida con Mauro Rosati e altri esperti come lui di Dop e Igp – risponde Castagna -. Mi augura che il vero Giandujotto abbia la sua meritata vittoria, si apra una fase di collaborazione e anche Lindt entri a far parte della squadra”.

LA CONTESA DEL GIANDUJOTTO IN 5 MOSSE

1 Il nome

La prima contestazione della Lindt è sul nome: non vuole che si chiami Gianduiotto di Torino Igp ma preferisce si menzioni il Piemonte. Nel comitato si è discusso in merito insieme al presidente della Regione Alberto Cirio e si è giunti alla conclusione che se può esser errato che un’azienda privata abbia un prodotto con il nome di una città è corretto per un Igp che riguarda tutti coloro che aderiscono al disciplinare.
Prenderà il nome del capoluogo piemontese perché qui è nato ma sarà prodotto in tutta la regione. E non altrove.

2 Le nocciole

La nocciola deve essere rigorosamente Piemonte Igp è presente per il 30/45% dell’intero impasto. E per questo, per gioco viene chiamato anche Igp al quadrato perché contiene in grosse proporzioni due indicazioni geografiche l’una nell’altra.
Gli svizzeri vogliono che la percentuale si abbassi. Finora hanno usato nocciole al 28%.

3 Gli ingredienti ammessi

La ricetta originale ne prevede tre: oltre la nocciola la ricetta prevede cacao e zucchero.

In aggiunta sono ammessi solo percentuali davvero minime, infinitesimali, da “zero punto” di vaniglia (qualche grammo a quintale), lecitina di soia o di girasole (intorno allo 0,3% come dire su 100 chili di gianduiotto appena 300 grammi), sale (sui 30 grammi per 100 chili).

Il cacao può essere utilizzato in tutte le sue forme: o la fava di cacao tostata, o la fava tostata raffinata che diventa massa, o cacao in polvere o burro di cacao. Non c’è un origine specifica, tendenzialmente si usa molto il cacao del Venezuela che ha la caratteristica di essere cremoso e ” pannoso”. Lo zucchero deve essere bianco, puro e può essere di canna o di barbabietola.

4 L’ingrediente non ammesso

Non è ammesso il latte in polvere come invece vorrebbe l’azienda svizzera. Il latte non è presente nella ricetta originale come invece sostiene la stessa azienda: quella artigianale è del 1805, quella della Lindt con i primi gianduiotti risale al 1865 e all’epoca non esisteva ancora il latte in polvere come contesta il Comitato guidato da Castagna che ricorda che il latte in polvere è arrivato un secolo dopo e che il suo utilizzo abbassa i costi e standardizza il prodotto anche dal punto di vista qualitativo: “Avremmo potuto ammetterlo ma sarebbe dovuto essere presente come gli altri a bassissima percentuale. Nei cioccolatini della Lindt è presente per il 10% con il risultato di un prodotto più dolce, più grasso e non può essere mangiato da chi è intollerante al lattosio”.

5 La forma e il peso

La forma sarà sempre la stessa, la barca rovesciata, e il formato andrà dai 4 ai 16 grammi al massimo. Vale a dire che un gianduiotto anche se ha la stessa identica ricetta del prodotto a Indicazione geografica protetta ma non rispetta questo range, e dunque mostra un peso diverso, al di fuori di questo standard, per esempio un cioccolato da un chilo anche con tutte le caratteristiche indicate non potrà chiamarsi Gianduiotto di Torino Igp.

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