Meno ore di sostegno di quelle previste all’alunno di 9 anni, famiglia risarcita con 5.250 euro

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La scuola ha messo a disposizione l’insegnante di sostegno per meno ore di quelle necessarie a uno studente affetto da una pesante forma d’autismo, così i giudici hanno condannato il ministero dell’Istruzione a risarcire il piccolo e la sua famiglia con 5.250 euro. Il provvedimento della corte d’Appello di Milano arriva al termine di un percorso complesso, relativo allo scorso anno scolastico.

Protagonista della vicenda è un bambino di 9 anni (ormai dieci), all’epoca allievo di quarta di una scuola elementare di Como, al quale era stato assegnato l’insegnante di sostegno per 16 ore a settimana, nonostante il suo Piano educativo individualizzato (Pei) ne richiedesse 22. Il tribunale di Como, a cui si erano rivolti i genitori, il 20 aprile 2023 aveva stabilito l’immediata “cessazione della condotta discriminatoria” della scuola e aveva ordinato l’assegnazione al piccolo “di un docente di sostegno in grado di assicurargli la fruizione del numero di ore di sostegno ritenute indispensabili dal Pei”.

I giudici, però, non avevano accolto la richiesta di risarcimento perché non risultava “provato il deficit di apprendimento didattico causato all’alunno dalla mancata copertura con insegnante di sostegno per l’intero monte ore” e perché era “comunque stata garantita, nelle ore non coperte dall’insegnante di sostegno, la presenza dell’assistente educatore”.

La scuola, tuttavia, non aveva eseguito quanto previsto e il piccolo ha continuato ad avere l’insegnante di sostegno solo per 16 ore per tutto l’anno scolastico. Da qui la decisione dei genitori di ricorrere in appello per chiedere il risarcimento e la sentenza della Corte, che sarà determinate anche per situazioni future.

“La Corte ha affermato chiaramente che il risarcimento stabilito ha anche funzione deterrente, quindi dissuasiva verso l’amministrazione, che deve essere indotta a non reiterare queste condotte discriminatorie e a non risparmiare risorse sulla pelle dei più fragili” afferma Walter Miceli, tra gli avvocati che hanno seguito gratuitamente la famiglia e membro dell’Osservatorio 182, associazione che supporta genitori e docenti sui temi dell’inclusione scolastica.

In particolare, scrivono i giudici, “il diritto del soggetto disabile a fruire della prestazione di sostegno didattico” previsto è “un diritto incomprimibile rispetto alle contingenti esigenze della finanza pubblica e ai limiti delle risorse assegnate”. Le figure dell’insegnante di sostegno e dell’educatore ad personam, inoltre, “non sono sovrapponibili”.

E non sfugge l’altro passaggio determinante: “La Corte ha riconosciuto che la mancata inclusione scolastica e il disagio provocato dall’assenza dell’insegnante di sostegno possano essere presunti e non debbano essere dimostrati”. Contraddicendo il tribunale, infatti, la Corte, ha ritenuto provati i danni subiti anche in assenza di referti specifici.

“In base a un ragionamento presuntivo e alla stregua di un giudizio di probabilità”, i giudici ritengono che ci sia stata “lesione del diritto” perché l’assenza dell’insegnante di sostegno per le ore necessarie “ha lasciato il minore privo del supporto didattico ritenuto funzionale alla sua patologia”, con “conseguente compromissione del suo percorso di crescita e di formazione, con esposizione ad una condizione di disagio e di tristezza”. Anche in considerazione del fatto che la situazione si è protratta per tutto l’anno scolastico, nel quale “il minore ha inevitabilmente maggiormente percepito e patito la sua condizione di difficoltà e di diversità”.

I giudici hanno considerato le difficoltà dello studente, che, dopo “le vacanze natalizie, aveva iniziato a manifestare ripetuti episodi di pianto ed evidenti fragilità”, come “difficoltà nell’aprirsi, a raccontare, incapacità di gestire la propria frustrazione davanti alle novità e alle richieste più complesse”. Mentre il piccolo mostrava “una condizione di maggiore benessere in presenza dell’insegnante di sostegno, con il quale si apriva e al quale si rivolgeva in caso di difficoltà, necessitando, comunque, di un costante affiancamento”. Da qui la scelta di stabilire un risarcimento di 5.250 euro per le 210 ore di sostegno negate (6 a settimana per 35 settimane), pari a 150 euro a settimana.

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