Conti deposito: ultima chiamata per i rendimenti elevati, ma occhio ai rischi

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Con l’inflazione che per ora resta sotto controllo, portare a casa un rendimento vicino al 5% è un’opzione tutt’altro che disprezzabile. Soprattutto se si tratta di un investimento a rischio contenuto come un conto deposito. Anche se la finestra di opportunità rischia di chiudersi a breve.

Di cosa si tratta

Cominciamo col dire che il conto deposito si attiva solitamente a costo zero e necessita di essere agganciato a un conto corrente, dal quale si distingue per l’operatività limitata. Esistono due tipologie di questo strumento: libero, che consente di prelevare e versare denaro, senza alcuna limitazione di tempo e di importo; vincolato, che offre un rendimento maggiore se le somme restano depositate per un periodo di tempo prestabilito.

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Come per i conti correnti, i conti deposito (tutti) sono tutelati dall’eventuale fallimento della banca fino a 100 mila euro per depositante e questo, insieme al fatto che il rendimento non è soggetto alle fluttuazioni dei mercati finanziari, li rende tra gli strumenti a basso rischio. Anche se, in caso di crisi del depositante, potrebbe essere necessario attendere qualche settimana per tornare in possesso del proprio denaro.

A chi è adatto e le trappole da evitare

“Dato il profilo dell’investimento, questa tipologia è adatta a chi ha una bassa propensione al rischio e accetta un rendimento ridotto rispetto alle prospettive relative a forme di investimento più rischiose”, è l’analisi del consulente indipendente Giovanni Pedone. Quindi chi ha liquidità in eccesso, anziché lasciare il denaro sul conto corrente, può trasferirlo in un conto deposito e renderlo fruttifero. “Il concetto è tenere il capitale costantemente ‘al lavoro’, andando a mitigare gli effetti negativi dell’inflazione, che rischia di minare il potere di acquisto e quindi far diminuire il valore dei propri risparmi”.

Tutto facile? Non proprio perché, come insegnava l’economista Milton Friedman, in finanza “non esistono pasti gratis” e le insidie sono più pericolose proprio quando si abbassa la soglia di attenzione.

Un primo aspetto da considerare è relativo alle penali, che scattano in caso di riscatto vincolato rispetto alla durata contrattuale e che possono arrivare anche ad azzerare il rendimento.

Il precedente che fa paura

Una seconda variabile che andrebbe sempre considerata è l’affidabilità della controparte. “Il caso Smart Bank, recentemente commissariata da Banca d’Italia, che offriva conti di deposito con rendimenti annui quasi a doppia cifra ci deve insegnare una pratica di ricerca e di dovuta diligenza che deve portarci alla fine del nostro processo all’apertura o meno di una relazione con l’istituto”, precisa l’esperto. Il quale sottolinea che per valutare la qualità dell’intermediario è opportuno consultare le informazioni di dominio pubblico (giornali e siti Internet) e/o affidarsi a una consulenza professionale. Il rating sul merito di credito (giudizio sulla qualità patrimoniale e creditizia assegnato da agenzie come Fitch, Moody’s e S&P) è un indicatore, ma molto spesso le offerte di conti di deposito provengono da istituti non coperti da alcun rating e quindi sarà necessario approfondire le ricerche. “Normalmente utilizzo l’indicatore CET1 (Core Equity Tier 1) per valutare la solidità di una banca non è l’unico, ma è il più rilevante. Questa metrica indica, in percentuale, il rapporto tra il capitale a disposizione della banca e le sue attività ponderate per il rischio. Maggiore è tale rapporto, migliore e più ampia è la copertura che l’istituto assicura in rapporto ai suoi impieghi”, aggiunge.

Come già detto, fino a 100 mila il depositante è tutelato dal fondo di settore, ma in caso di problemi potrebbe dover attendere del tempo per rientrare in possesso del denaro.

Così Pedone ha elaborato in esclusiva per Repubblica una tabella con i Cet1 degli emittenti che offrono conti di deposito vincolato.

Le alternative di investimento con un profilo di rischio paragonabile

Premesso che la diversificazione è la regola aurea degli investimenti, è utile – prima di decidere come allocare il proprio patrimonio – fare una valutazione comparata con altre opzioni presenti sul mercato. Quella che segue è una tabella realizzata da Pedone riportando i rendimenti di titoli di Stato con scadenza limitata di Paesi sovrani dell’Eurozona.

“Al di là della differente tassazione sui guadagni, che nel caso dei conti deposito ammonta al 26% e per i titoli di Stato al 12,5%, sull’orizzonte temporale di 12 mesi l’investimento sul conto deposito vincolato presenta una certa convenienza rispetto all’investimento nel titolo di stato (indipendentemente dal rischio di credito assunto). Questa convenienza rappresenta il premio al rischio di liquidabilità dell’investimento, dal momento che un titolo di stato può essere smobilizzato in qualsiasi momento senza perdere i ratei di interessi maturati a differenza del deposito vincolato”, sottolinea il consulente. Che ha fatto un confronto simile anche per la scadenza biennale.

“Considerando le attuali condizioni sul mercato dei tassi e gli strumenti finanziari utilizzati per l’analisi, nell’arco temporale di 24 mesi il differenziale di rendimento tra deposito vincolato e titolo di stato è ancora più marcato a favore del deposito vincolato”, conclude.

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