Schmidt: “Sono antifascista, se a qualcuno non piace non mi sosterrà da candidato sindaco di Firenze”

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Firenze – «Di destra io? Queste categorie appartengono al ‘900. Io mi vedo più come un centrista aristotelico che come un rappresentante della destra. Sono un democratico e antifascista. Su questo non arretro, anche se decidessi di candidarmi a sindaco». Deve aver studiato le ultime campagne elettorali del centrodestra a Firenze, il direttore degli Uffizi Eike Schmidt. Fresco di cittadinanza italiana, ora che potrebbe toccare a lui la corsa per il centrodestra a Palazzo Vecchio, prova a mostrare un profilo rassicurante: «Sono un moderato» racconta a 15 giorni dalla fine del suo incarico di 8 anni. Il lungo weekend dei sovranisti di Firenze insidia però la copertura di Schmidt: una delegazione di leader anti-europeisti ha visitato il museo sabato scorso e lo stesso direttore ha ricevuto Salvini, posando con lui sotto la Venere di Botticelli: «Tutti possono entrare, noi non siamo una dittatura”.

Insomma Schmidt, si candida?

«Deciderò a gennaio, adesso mi concentro sugli Uffizi. La mia ultima firma da direttore la metto il 20 dicembre. Natale lo passo dai suoceri, poi un breve salto in Germania a salutare i miei che sono anziani. Al ritorno vedremo».

Com’è andata con Salvini?

«Io mi sono sempre pronunciato a favore del museo per tutti. E mai mi sarei aspettato di dover difendere il diritto costituzionale di visitare un luogo di cultura a prescindere dalle idee politiche».

Anche quelle dei sovranisti.

«Il vicepremier lo accolgo con gli stessi onori con cui ho accolto tanti politici e capi di Stato, dai comunisti fino agli ultra liberisti».

Riceverebbe con tutti gli onori anche Elly Schlein?

«Certo, ma non è mai venuta in anni recenti che io sappia».

Il sindaco Nardella e il Pd la accusano di usare gli Uffizi come marketing politico.

«Respingo al mittente. Non mi sono candidato da nessuna parte. Non mi sono candidato in Arabia quando Renzi ha portato agli Uffizi gli arabi. Non mi sono candidato in Cina quando Conte ha mandato agli Uffizi il ministro della Difesa cinese. Non è compito di un dirigente italiano fare selezione all’ingresso. Con Salvini, non abbiamo parlato di politica, abbiamo osservato la Madonna del Magnificat di Botticelli. Gli altri sovranisti non li ho visti, hanno fatto la loro visita con le guide. Pagando».

Non fa proprio nulla per non dare l’impressione di essere il candidato del centrodestra…

«Non ho deciso. Peraltro vedo sempre molti del Pd. Anche se questo non significa che andrei su quella sponda se loro non trovassero un candidato. Io ritengo di essermi comportato in maniera istituzionalmente neutra. E posso dire che sono di centro, molto moderato. Aristotelico di ispirazione politica. C’erano grandi aristotelici tra i Guelfi bianchi incluso Dante. C’erano grandi aristotelici nella Dc».

Anche in Fratelli d’Italia ci sono aristotelici?

«Non mi pronuncio, da dirigente della Repubblica Italiana non posso. Diversamente da certi rettori di università pubbliche, mantengo un profilo istituzionale».

Si riferisce a Tomaso Montanari che chiede le sue dimissioni?

«Voi lo avete detto».

E i sovranisti sono aristotelici?

«È palese che ci sono idee diverse tra i sovranisti: ci sono i pro-Putin e gli anti, ci sono gli attivisti Lgbt anche tra i tedeschi di Afd, si veda la leader Alice Wiedel. I sovranisti non sono tutti uguali, come anche a sinistra. Non mi spingo oltre».

Ma da studente lei non sfilava coi Grunen, i Verdi tedeschi di sinistra?

«Io ero per la natura, contro le industrie che volevano fare costruzioni anti-ecologiche, prima ancora che i Grunen nascessero. Il movimento ecologista in Germania a quei tempi era largo politicamente, c’erano conservatori che partivano dal concetto che le selve tedesche andassero protette. Lo stesso dicevano i fricchettoni di sinistra».

Ammetterà che oggi diritti, ambientalismo e antifascismo non sono parole d’ordine della destra.

«Io ai diritti delle donne ho dedicato la mostra su Bernini e Sagaria. Sono temi grandi, vanno oltre destra e sinistra. Antifascista sono e resto. E anti-nazista. Se a qualcuno questo non piacesse allora non appoggerà una mia candidatura».

È per il salario minimo?

«Non entro in temi così alti, non sto pensando di candidarmi come primo ministro. Se si vuole parlare di diritti dei lavoratori però devo notare che nel centro di Firenze ci sono immobili venduti a investitori stranieri a prezzi stratosferici per affari privati, non vedo come si possa definire di sinistra quel che è stato fatto in questi anni. E senza l’autorizzazione del Comune non si fa nulla».

E se dovesse trovarsi a sfidare Montanari candidato sindaco?

«Sarebbe interessante, chi lo sa. Un Bingo per i giornali…».

Alla sfida con la probabile candidata Pd Sara Funaro è pronto?

«Sono pronto a concludere il mio mandato agli Uffizi. Funaro la conosco, ma non partecipo alla sua ‘incoronazione’ come candidata (ieri sera, ndr)».

È vero che solo se il governatore Giani fosse stato candidato per il Pd lei avrebbe rinunciato?

«Giani è un politico molto di centro, lo ammiro per la sua passione per la storia della Toscana, anche se ci dovessimo trovare politicamente da due parti diverse questo non cambierà. Credo nel dialogo».

Dicono che con Renzi non vi stiate simpatici.

«Chi lo dice?».

Cosa le piacerebbe il prossimo sindaco facesse per Firenze?

«Da direttore di museo dico che due grandi campi di azione sono evidenti. Sicurezza e infrastrutture. Le buche nelle strade sono un problema. Alla Loggia dei Lanzi e al loggiato degli Uffizi abbiamo messo la vigilanza privata e le cose sono migliorate. Certo, io sono per una città policentrica, dove le funzioni siano distribuite anche in periferia. E per esempio, il social housing esiste anche nelle città americane amministrate da sindaci repubblicani».

Metterebbe il numero chiuso al turismo?

«No, a Firenze è impossibile. Ma si può lavorare sulla programmazione. Gli Uffizi diffusi che stiamo creando sono una risposta a questo problema. Sul blocco di Airbnb non mi pronuncio. Ma solo distribuendo l’offerta si governa l’overtourism».

All’uscita degli Uffizi il governo ha cancellato la loggia Isozaki per fare un giardino. Lei è d’accordo?

«L’unica cosa inaccettabile era l’indecisione che durava dal 1997».

Dicono che prima di accettare la candidatura stia trattando per avere prima la guida di un grande museo come paracadute se perde.

«Un grande museo non è mai un paracadute. Tanti dirigenti di uffici dello Stato si sono candidati. Ovviamente nelle ultime settimane prima delle elezioni servirebbe l’aspettativa. Vedremo».

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