“Con queste norme si blocca la lotta alla mafia. Intercettazioni indispensabili”, parla il procuratore distrettuale antimafia di Bari, Paolo Rossi

Pubblicità
Pubblicità

Roberto Rossi, procuratore distrettuale antimafia di Bari ed ex membro del Csm, nei giorni scorsi ha detto: «Le intercettazioni sono un investimento: abbiamo speso 4,8 milioni ma guadagnati 244 dalle confische».

Procuratore, con meno intercettazioni si possono ottenere questi risultati?

«Le intercettazioni sono lo strumento principale di indagine nella stragrande maggioranza dei reati. Pubblica amministrazione, reati comuni e soprattutto mafia. Non dimentichiamo che il nostro è un Paese che ha un’omertà molto diffusa: è difficile sapere cosa accade. Toglierci o limitarci l’uso delle intercettazioni, ancor più oggi che abbiamo bisogno di mezzi sempre più sofisticati, significa ridurre la possibilità di arrestare criminali».

Sono strumenti invasivi, ricordano però dal governo.

«Abbiamo una normativa molto stringente che limita i rischi che terze persone possano essere coinvolte e venga così lesa lo loro privacy. Per gli indagati, invece, esiste comunque un sistema che regola la trascrizione delle conversazioni non rilevanti. Qual è il problema?».

Forse cercano il bavaglio. Non vogliono che finiscano sui giornali. Spingono per vietare la pubblicazione degli stralci delle ordinanza di custodia di cautelare.

«Le ordinanze sono scritte dai giudici. Credo che metterle a disposizione dell’opinione pubblica, come prevede oggi la legge, sia la maniera migliore per tutelare anche gli indagati: le sintesi, da chiunque siano fatte, possono essere rischiose».

Il ministro Nordio ha detto in Parlamento che l’intero sistema di reati contro la pubblica amministrazione è obsoleto.

«Io ho grande rispetto per chi ha il compito di fare le leggi. Il nostro ruolo però è quello di applicarle. Ed esistono dei dati di fatto: il reato di corruzione esisteva anche nel codice di Hammurabi e cancellare un reato come l’abuso di ufficio significa ridurre la forza di chi, come noi, ha il dovere di combattere chi delinque. La politica deve indicare la strada da percorrere. E al momento si sta andando verso una riduzione dell’attenzione su un certo tipo di reati. Di pubblica amministrazione, ma non solo».

A cosa fa riferimento?

«La riforma prevede tra le altre cose la collegialità del giudice della misura cautelare: non un solo gip, dunque, ma più magistrati. In astratto può essere anche un giusto principio. Ma non si possono non valutare i fatti: e i fatti dicono che gli uffici gip, nonostante il grande lavoro dei colleghi, sono oberatissimi di lavoro. La procura di Bari chiede ogni anno migliaia di misure cautelari personali e, per ragioni pratiche, i tempi per una risposta arrivano anche a un anno, comprese le indagini di criminalità organizzata. Senza nuovi magistrati, che non ci sono, come si può pensare di creare dei collegi? L’effetto concreto di questa norma sarà ridurre i tempi del nostro intervento contro i criminali. Ripeto: io non contesto le norme, spetta al Parlamento decidere. Ma dal luogo in cui mi trovo devo lanciare un allarme: queste norme contribuirebbero a bloccare la lotta alla mafia».

Bisognerà anche interrogare gli indagati prima di arrestarli.

«Non tutti, e questo pone un problema di costituzionalità, a mio parere. Faccio un esempio: se commetto un reato di stalking non ho diritto a ottenere un interrogatorio preventivo. Se invece rischio di essere arrestato per un falso in bilancio, per il quale migliaia e migliaia di risparmiatori per esempio hanno perso i loro risparmi, sì. È legittimo? Sembra un privilegio verso alcune categorie. Inoltre oberare i gip di centinaia di interrogatori renderà impossibile a loro di scrivere misure cautelari per i reati di mafia. Infine quale tutela avrà il cittadino che riconosce un ladro quando l’indagato saprà il suo nome prima di essere arrestato?».

Bari, grazie anche al lavoro di questo governo, avrà un nuovo palazzo di giustizia. Negli scorsi anni finiste nelle tende.

«E di questo non posso che esserne grato: hanno lavorato molto bene. Segnalo però quello che sta succedendo sul processo di digitalizzazione degli atti: il grande caos. Doveva servire a velocizzare il nostro lavoro e invece il sistema funziona malissimo e sta rallentando lo smaltimento degli uffici penali, il contrario di quello che ci chiedeva l’Europa. È necessario un intervento immediato altrimenti gli effetti saranno devastanti».

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *