Naufragio nel canale fra Sfax e Lampedusa, 13 morti e 27 dispersi. I sopravvissuti: “Erano tutti rifugiati”

Pubblicità
Pubblicità

Nuovo naufragio nel canale di mare fra Sfax e Lampedusa. Un barchino in ferro stracarico di persone si è inabissato, portando con sé decine di persone. Tredici corpi sono stati recuperati dalla Garde Nationale, ma almeno ventisette risultano dispersi. Solo in due si sono salvati.

Terrorizzati, stremati, alle autorità hanno raccontato che a bordo di quella carretta, mal assemblata con diversi pezzi di latta saldati insieme, erano quarantadue in tutto. Tutti sudanesi, riconosciuti come rifugiati dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite ma rimasti comunque senza alcun tipo di assistenza in Tunisia. E come i migranti subsahariani regolarmente vittime di minacce, violenze e abusi sistematici.

Giorgia Linardi (Sea Watch): “Il governo parla di invasione di migranti ma aumentano solo i morti. Diritto d’asilo in pericolo”

Un incubo che per chiunque abbia la pelle nera è iniziato il 25 febbraio scorso, quando il presidente tunisino Kais Saied ha bollato i migranti subsahariani come “persone non grate” perché strumento di un presunto “piano di sostituzione etnica” mirato a “cambiare l’identità araba del Paese”. E non diverso trattamento subisce chi arriva dal centro Africa o dalla zona del Corno. In molti – denuncia da tempo la rete Refugees in Tunisia – sono stati deportati al confine fra l’Algeria e la Libia e abbandonati nel deserto.

Stando a quanto comunicato dal portavoce del tribunale di Monastir, Farid Ben Jha, le ricerche sarebbero ancora in corso, mentre sull’accaduto sarebbe strato aperto un fascicolo.

Lampedusa, nel silenzio delle autorità due naufragi in cinque giorni. Fra i dispersi almeno un bambino

Con l’ennesimo naufragio, cresce ancora il numero delle vittime nel Mediterraneo diventato tagliola per chi tenta di attraversarlo. Il 26 gennaio scorso – ha fatto sapere l’Oim – le vittime accertate avevano già raggiunto quota cento, il doppio rispetto all’anno scorso. I dispersi – hanno calcolato reti civiche e associazioni – sarebbero oltre trecento. Un bilancio tragico che adesso si aggrava. E conferma un trend che ha già fatto laureare quella rotta come una delle più letali del mondo. Nel 2023 più di 2.270 persone, il 60% in più rispetto all’anno precedente, hanno perso la vita nel Mediterraneo.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *