La libertà è una bici. Quei corsi affollati di donne straniere. “Ora abbiamo le ali”

Pubblicità
Pubblicità

Vignola (Modena) — Pensate che sia facile, imparare la bici a cinquant’anni? Non è facile, e serve anche un grande spiegamento di forze, compresa la polizia locale. Ma adesso, «io mi sento libera come un uccello con le ali aperte… E posso andare dove voglio!». Houria, originaria del Marocco, è stata la prima a iscriversi al corso per imparare a pedalare, e con lei altre cinque donne straniere, ora cicliste abbastanza provette. D’ora in avanti, possono scorrazzare a piacere nella bassa emiliana, e in effetti una cosa del genere non poteva che succedere in Emilia Romagna.

Un’occasione presa al volo

Dunque, c’era un progetto per le pari opportunità della Regione, preso al volo dall’Unione Terre di Castelli, che aggrega otto Comuni della provincia di Modena. Dovete pensare che da queste parti andare in bici è cosa naturale e anzi innata, ma non per chi arriva da alcuni Paesi, e qui di stranieri ce ne sono tanti. «Il 14-15 per cento della popolazione», dice Emilia Muratori, sindaca di Vignola e presidente dell’Unione. «Soprattutto maghrebini, che lavorano nelle aziende meccaniche e metalmeccaniche, e alimentari». Operai e tecnici perlopiù, e ormai stanziali, con famiglie e bambini da portare a scuola. Mogli spesso casalinghe, o in cerca di lavoro, o badanti come Houria, legate agli orari degli autobus e dei treni, ma ora definitivamente libere: «Posso andare a fare la spesa, a portare e riprendere i bambini all’asilo e a scuola. E all’inizio è stato difficile, restare in equilibrio lì sopra… Però ho imparato, e adesso sono molto contenta», spiega Fatima, che ha 42 anni.

Tutto esaurito

Perché se in famiglia c’è un’automobile, la usa il marito per andare in fabbrica. La moglie, a piedi (pochissime hanno la patente, poi). Dice Ilaria Businaro, che è responsabile dei Servizi alla comunità dell’Unione, che non è stato semplice, organizzare sei giorni di corso e trovare i volontari disponibili a dare una mano. E anche le partecipanti, si sono preparati i volantini, cartacei e social (“Vuoi imparare ad andare in bicicletta? Una pedalata alla volta”), e il passaparola ha funzionato, le donne sono infine arrivate. Fin troppo, visto che erano almeno il doppio del previsto. Poi, secondo volantinaggio: “Il Centro stranieri e il Centro per le famiglie organizzano un corso di bici per donne straniere. Ti va di aiutarci?”. E sono arrivate le volontarie.

Venti volontari per sei studentesse

Ma per fare una cosa seria, servivano anche altre forze. E sono arrivati la Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta), con Diana e Daniela. E il Pedale Vignolese, che ha tenuto in custodia le bici nella sua sede. Le bici sono del Comune di Vignola, che le ha recuperate tra quelle abbandonate, e rimesse in funzione, e affidate al volontario Paolo per la manutenzione. Chi altri? La Polizia locale, che ha fatto corsi sul codice della strada, spiegando anche l’importanza del seggiolino e del caschetto per i bambini. Beh, alla fine sono servite venti persone per mettere in sella sei studentesse di bici.

Bici strumento di autonomia

Infine, il corso si è tenuto nel parco Europa, su cui si affacciano molte cose: gli orti per gli anziani, l’emporio solidale, il centro diurno per i ragazzi disabili, lo skate park. Le case popolari (tutte in ristrutturazione), la Protezione civile, la polizia locale (e anche le sedi della Società pesca sportiva, e i boy scout). «La bici è uno strumento di autonomia e di libertà», dice la sindaca. Di indipendenza, come nel dopoguerra, da queste parti le donne che lavoravano nei campi, o facevano le cernitrici della frutta, si spostavano sempre in bicicletta. Oggi questo è il distretto dell’automotive, più che della frutta, e le italiane viaggiano in auto. Le straniere no — per ora — quindi sono ben contente di poter «cercare un lavoro, e andare al mercato, o a trovare un’amica», dice Fatima, che ha 53 anni e qualche incertezza ancora, nella pedalata.

Simbolo di emancipazione e libertà

Mariana, romena, va benissimo, e bisogna dire che il corso glielo ha suggerito il datore di lavoro. «A me la bici l’ha regalata il figlio della signora che seguivo. Purtroppo è morta, lui ha voluto darmela a tutti i costi come ricordo. Ma non sapevo usarla», dice Houria. Dunque, se passate da Vignola o da Spilamberto, da Guiglia e da Marano sul Panaro (o da Castelvetro di Modena, da Castelnuovo Rangone, Savignano, Zocca), e incrociate una di queste nuove cicliste, primo: abbiate pazienza di fronte a eventuali incertezze alla guida. Secondo: considerate che arrivano adesso a pedalare in libertà, come le prime donne di fine ‘800, a cavallo del loro rivoluzionario velocipede (e rivoluzionarie anche loro, visto che il mezzo era spesso considerato strumento del diavolo).

In primavera nuovi corsi

Nel 1896 Susan B. Anthony, avvocata americana per i diritti civili, scrisse che «la bici ha fatto per l’emancipazione della donna più di ogni altra cosa al mondo. Dà alle donne la sensazione di libertà e di completa autonomia». Infatti in alcuni Paesi è tuttora vietata. Intanto a Vignola si pensa ai prossimi corsi di primavera. Dodici altre donne lo avrebbero voluto fare, ma non c’erano abbastanza biciclette per tutte. E non vedono l’ora.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *