CasaPound si autoproclama “ambasciata temporanea del Texas”: lo striscione sulla sede occupata a Roma

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Postfascisti italiani contro gli Usa: Casapound ha affisso questa mattina uno striscione sulla facciata della loro sede all’Esquilino in via Napoleone per autoproclamarsi ambasciata del Texas in Italia in segno di protesta contro le politiche migratorie di Usa e Ue giudicate troppo permissive.

“Ambasciata temporanea del Texas”, si legge nello striscione dove appare anche la bandiera indipendentista del Texas.

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“La minaccia di secessione del Texas contro l’incapacità del governo federale statunitense nel gestire l’emergenza immigrazione è l’ennesimo segno che il castello di carte inizia a scricchiolare e a perdere pezzi – si legge in una nota diffusa da CasapPound – frontiere aperte, integrazione, sogno americano si rivelano quello che sono: menzogne distruttive. Lo diciamo senza mezzi termini perché in Europa queste menzogne stanno contribuendo a sradicare, sostituire e cancellare storia, cultura, identità. Contro il progressismo a stelle strisce che ha rovinato le nostre nazioni, CasaPound si schiera col Texas diventandone ambasciata temporanea, nella speranza che la Texit si realizzi sfaldando e affossando dall’interno gli Stati Uniti”.

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I postfascisti soffiano benzina sul fuoco delle velleità di secessione dello stato texano, mai del tutto sopite, che si staccò dal Messico nel 1836 e per un breve periodo fu una repubblica indipendente prima di essere annessa agli Stati Uniti nel 1845: una pagina controversa e sanguinosa della storia degli Stati Uniti tornata alla ribalta dopo che negli ultimi mesi la Convenzione repubblicana del Texas che esorta i legislatori a indire un referendum per decidere se riaffermare il proprio status di nazione indipendente.

La richiesta di indire un referendum in Texas proviene soprattutto dal mondo conservatore e dalle frange della destra estrema statunitense e in termini costituzionali non si può organizzare una consulta con obiettivi secessionisti negli Usa. Ma è comunque una provocazione che ha riaperto la ferita mai del tutto cicatrizzata della strage di Waco del ‘93, quando rimasero uccise 80 persone in seguito a un attentato della setta antiWashington Branch Davidians.

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