Sciopero spontaneo a Mirafiori, i lavoratori in corteo dopo le assemblee

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Gli operai di Mirafiori incrociano le braccia. I lavoratori del secondo turno delle Carrozzeria della fabbrica torinese hanno iniziato uno sciopero spontaneo dopo le assemblee della Fiom in fabbrica. Un corteo di operai della linea della 500 elettrica è uscito dalla Porta 2 dello stabilimento. “I lavoratori sono preoccupati, vogliono mandare un segnale preciso alle istituzioni. Mirafiori non può chiudere”, dicono il segretario generale della Fiom torinese, Edi Lazzi, e il numero uno della Cgil Piemonte, Giorgio Airaudo. E’ il primo segnale di insofferenza dopo le tensioni tra governo e sindacati e, soprattutto, l’intervista dell’ad Carlos Tavares a Bloomberg sugli effetti negativi delle politiche sugli incentivi del governo. Sussidi che, se insufficienti, possono mettere a rischio lavoro e stabilimenti, come quello di Mirafiori a Nord e Pomigliano d’Arco a Sud. “Mobilitiamoci come hanno fatto gli agricoltori. Il futuro è incerto e non ci danno risposte”, dicono alcune tute blu durante le assemblee organizzate dal sindacato dei metalmeccanici della Cgil. “Per le conoscenze che abbiamo, dal 2027 Mirafiori non avrà più prodotti”, ha detto Airaudo in assemblea. “La Levante cessa in primavera (20 vetture al giorno a oggi), le Maserati sono state rinviate al 2027/’28 (10 vetture al giorno), la 500 elettrica da lunedì prossimo andrà a un turno unico per sette settimane di cassa integrazione (220 vetture al giorno). Con questi numeri – ha osservato – se non arriveranno nuovi prodotti e non ci sarà un’inversione di tendenza sul mercato europeo, Mirafiori sarà ridotta al lumicino produttivo. Sono 17 anni che dura la cassa integrazione, l’occupazione complessiva del sito è passata da 20.000 a 12.000 lavoratori e lavoratrici. Negli ultimi anni 1.500 impiegati, tecnici e ingegneri hanno lasciato l’azienda per dimissioni o dimissioni incentivate con 120mila euro. Ora basta, vogliamo un piano per Mirafiori che ci porti a 200.000 vetture, come richiesto dalla piattaforma unitaria di Fim, Fiom e Uilm e dia garanzie occupazionali per il prossimo decennio. Il ‘caso Mirafiori’ deve diventare un caso nazionale, Parigi e Roma se ne devono occupare”. Secondo la Fiom “le istituzioni locali, dal Comune alla Regione, devono fare la loro parte con strumenti che rendano competitivi il nostro territorio verso Stellantis per l’auto elettrica e per eventuali altri produttori che dovessero arrivare in Italia. Dobbiamo uscire dalla sindrome di Stoccolma, non ci sarà più una famiglia ad occuparsi del nostro futuro”.

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Sulla questione Stellantis è intervenuto, dopo il botta e risposta a distanza con l’ad Tavares della scorsa settimana, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: il nuovo piano di incentivi che stiamo mettendo a terra è “orientato soprattutto a modelli che si possono realizzare nel nostro Paese”. E aggiunge: “Ci auguriamo che l’azienda risponda rispetto agli obiettivi che si è posta e che ha affermato in tutte le sedi, perché è chiaro che deve esserci un’adeguata risposta sul piano produzione di auto nel nostro Paese” o dal prossimo anno le risorse del fondo automotive “saranno destinati all’incentivo alla produzione e non al consumo”.

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Rispetto al rapporto con Stellantis Urso dice che “ho incontrato Elkann, credo, tre volte in un anno. Prima al ministero, poi in Francia, poi l’ho visto da remoto e abbiamo fatto diversi incontri. E lo stesso con Tavares. C’è un’interlocuzione assidua, come ci deve essere, con questa grande realtà italiana e multinazionale”. La prossima settimana riprendono i cinque gruppi di lavoro sul tavolo Stellantis, che agisce in parallelo al Tavolo Automotive. “Il nostro è, come deve essere, un cantiere continuo per valorizzare la produzione e l’italianità”, osserva Urso.

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