Si scrive Sardegna, si legge Veneto. Per la Lega la conferma delle candidature dei governatori uscenti in vista delle regionali del 2024 è una sorta di linea Maginot: se cade per la Sardegna, significa che sarà messo in discussione il Veneto il prossimo anno. E non è un mistero, è proprio quello che vuole Giorgia Meloni. Per questo il tavolo del centrodestra sulla Sardegna è andato in frantumi e saranno i tre leader, Salvini, Meloni e Antonio Tajani, a dover trovare la quadra non solo sull’isola, ma anche sulle grandi regioni al voto da qui al 2025: su tutte Piemonte quest’anno, e Veneto il prossimo. Un vertice si sarebbe dovuto tenere ieri a Roma, ma è stato rinviato a inizio prossima settimana.
La spaccatura in Sardegna…
Sulla carta le posizioni restano distanti. Il tavolo regionale del centrodestra sulla Sardegna, assente la Lega, ha dato il via libera alla candidatura a governatore del sindaco FdI di Cagliari Paolo Truzzo al posto dell’uscente Christian Solinas. Salvini, contrario, manda avanti il suo fedelissimo Roberto Crippa: «Noi facciamo tesoro delle parole di Meloni. Il centrodestra è un valore e l’unico modo per vincere è riconfermare i candidati che hanno governato bene per cinque anni. Prima delle Europee vanno al voto quattro regioni e la Lega è per riconfermare i presidenti uscenti: se così non fosse anche per una sola regione, si riaprirebbero i giochi e il tavolo su tutte le altre regioni». Crippa si riferisce ad esempio al Piemonte e alla Basilicata con uscenti di Forza Italia, ma anche all’Abruzzo dell’uscente e grande amico di Meloni, Marco Marsilio.
… e il retropensiero del Veneto
Ma in realtà a Salvini e ai suoi di queste regioni non interessa molto. Il vero timore è che, aprendo all’ipotesi di non ricandidare gli uscenti, Meloni chieda il Veneto il prossimo anno. Cosa che ha intenzione di fare: «Non è pensabile che il più grande partito italiano non abbia un governatore nelle regioni più ricche, Piemonte, Lombardia e Veneto», dicono i meloniani vicini al ministro Francesco Lollobrigida. In casa Lega, pur di salvare il Veneto, sono disposti a cedere la Sardegna, chiaramente, ma a patto che si metta per iscritto subito al vertice tra i leader nazionali con l’ok al terzo mandato per i governatori, in aggiunta.
Forza Italia si barcamena
In questo scontro tra Meloni e Salvini, Forza Italia, come sempre ultimamente, è l’anello debole. Il segretario Antonio Tajani non fa le barricate su Solinas anche al costo di perdere pezzi: la forzista Alessandra Zedda ha annunciato la sua candidatura a governatore come indipendente. Ma Tajani con Meloni ha già l’accordo per confermare l’uscente Vito Bardi in Basilicata, un suo fedelissimo. E allo stesso tempo deve difendere la riconferma di Alberto Cirio in Piemonte, compito difficile considerando le percentuali attuali degli azzurri. Così il portavoce Raffaele Nevi deve barcamenarsi in queste ore: «La posizione espressa più volte da Forza Italia è quella di confermare i presidenti di Regione uscenti. Quanto alla situazione venutasi a creare in Sardegna è evidente che c’è una dinamica locale».
Ma a creare fibrillazioni tra gli azzurri e Meloni, è anche la preoccupazione della famiglia Berlusconi per il taglio al tetto pubblicitario Rai che danneggerebbe Mediaset: ieri a Milano i figli di Silvio Berlusconi hanno chiamato a raccolta i vertici dell’azienda del Biscione proprio su questo argomento. Grane su grane, insomma. Intanto saranno i leader nazionali che dovranno trovare una quadra almeno sulle amministrative. Nel frattempo la Lega è pronta a spaccare la coalizione e sostenere in Sardegna Solinas in solitaria.
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