Mark Galeotti: “È l’anno di Putin, ma non attaccherà la Nato. La Russia teme Trump più di Biden”

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LONDRA — Quali saranno le mosse di Putin dopo l’ultimo controverso trionfo elettorale? È possibile che conquisti l’intera Ucraina o addirittura attacchi la Nato? E quale peso avrà il fattore Trump? Ne parliamo con Mark Galeotti, uno dei più ascoltati esperti di Russia, che incontriamo a Londra insieme a un gruppo di giornalisti internazionali. Analista e politologo inglese di origine toscana, direttore della Mayak Intelligence, professore onorario alla University College London e membro del più prestigioso think tank di Difesa britannico Rusi, è autore di oltre venti libri sulla Russia, inclusa quella putiniana, dove ha vissuto più volte negli anni scorsi.

Professor Galeotti, come commenta il voto delle presidenziali in Russia?

«Sono rimasto stupito da quanto le elezioni siano state pesantemente truccate. Certo, un gran numero di russi sostiene il presidente. Ma i sondaggi prima del voto davano Putin avanti con una forbice del 55-65%, non di quasi il 90%, come poi è stato. L’audience dei talk show politici e dei programmi di informazione in Russia è in netto declino. Ai funerali di Navalny sono arrivate così tante persone che stavolta non hanno potuto arrestarle tutte. Il 40% del budget del Paese dedicato alla Difesa presto inizierà a mordere il welfare e lo stile di vita di molti, nonostante i dati del Pil siano buoni. Il movimento di mogli e madri dei soldati contro la guerra sta crescendo. Insomma, c’è una ampia fetta di popolazione silenziosa che non sostiene il presidente. Le elezioni sono state una enorme lozh’, bugia in russo. Un messaggio esplicito di potere, da parte di Putin, che sottolinea come la Russia stia diventando sempre più una nuova Unione Sovietica, destinata a un logoro autoritarismo. Inoltre Putin ha 71 anni, i suoi accoliti al potere tra 68 e 74: insomma, il loro distacco dalla realtà è sempre più forte».

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Però Putin sembra invincibile in Russia in questo momento. Come capitalizzerà questa ennesima, seppur contestata, legittimazione popolare? Minaccia di nuovo l’uso di armi nucleari.

«Putin sta diventando una caricatura di se stesso, lo si vede anche da come si comporta. È apparentemente molto solido, gli oligarchi ormai sono ancora più legati a lui, paradossalmente proprio per le sanzioni occidentali. Ma una protesta dalla “periferia dell’impero” può sempre partire, come accadde con Solidarnosc in Polonia. Difatti, Navalny è stato punito con la morte proprio perché il suo consenso aveva iniziato ad attecchire al di fuori della classe media moscovita. E poi non credo affatto alla minaccia atomica».

Come mai?

«Putin potrebbe essere tentato solo in caso di eventi catastrofici nell’occupata Crimea, per esempio, ma anche ciò mi pare decisamente improbabile. In passato ha pensato più volte di dimettersi. Ora non può farlo perché, in un Paese senza rule of law come la Russia, se lasciasse il potere, rischierebbe grosso. Quindi deve rimanere dietro la scrivania, almeno fino a quando non potrà cantare vittoria agli occhi del Paese o imporsi in eventuali negoziati di pace».

Dopo le elezioni, ci potrebbe essere un sostanzioso rimpasto nel governo russo. Potrebbero saltare colonne come il ministro della Difesa Shoigu e quello degli Esteri Lavrov.

«Ah, quei due non vedono l’ora di farsi da parte. Ma non ci riescono mai. In ogni caso, sarà molto interessante vedere la composizione del nuovo esecutivo perché Putin potrebbe finalmente imbarcare una nuova generazione al comando. Sarebbe una novità ma anche una grossa incognita. Tuttavia, dopo il “trionfo” alle elezioni, Putin potrebbe dichiarare una nuova maxi mobilitazione bellica, sebbene in passato abbia esitato a lungo perché sa bene l’impatto sul morale della popolazione. In ogni caso, questo è l’anno più favorevole alla Russia in Ucraina».

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Perché?

«Kiev è a corto di soldati e di munizioni, a differenza di Mosca. La controffensiva ucraina sinora è stata deludente, per usare un eufemismo. E c’è l’incognita del sostegno degli Stati Uniti, in piena campagna elettorale. Mentre l’Europa può sì continuare a fornire denaro ma, a differenza dell’America, non armi e munizioni rapidamente. E, più in generale, l’Occidente non ha ancora una vera strategia, a parte dire che “l’Ucraina deve vincere”».

Crede che l’esercito russo possa tracimare, conquistare tutta l’Ucraina e poi attaccare i Paesi Nato?

«Mi pare altamente improbabile. Putin non vuole una guerra contro la Nato. Sa che la perderebbe. I russi non sono nemmeno in grado di condurre una gigantesca offensiva di terra in Ucraina, a parte piccole conquiste non decisive. Gli ucraini possono tenere botta. Lo scenario cambierebbe se i russi superassero il Dnipro. Ma non credo possano fare molto di più. A Putin conviene così: lui preferisce attaccare l’Europa paralizzandola politicamente, provocandola, mettendo le sue diverse democrazie contro. Per esempio, il sogno di Putin ora sarebbe un referendum sull’indipendenza in Scozia, per spaccare il Regno Unito. Detto questo, secondo me, almeno per i prossimi due anni, la situazione sul terreno in Ucraina non cambierà molto».

A meno che non vinca Trump.

«I russi sono terrorizzati da uno come Trump. Perché è molto più imprevedibile di Biden. Ero in Russia quando nel 2017 gli americani bombardarono la Siria con i missili cruise. I russi andarono nel panico e non sapevano come reagire».

Anche per questo, Trump forse è l’unico che può fermare la guerra prima di altri?

«Non credo. A meno che non faccia concessioni clamorose ai russi, ma gli ucraini non lo accetterebbero. E non credo che Trump, se vincesse le elezioni, voglia passare alla storia come un perdente. Inoltre il Congresso gli legherà le mani. Ma la sua imprevedibilità potrebbe provocare qualcosa di inaspettato».

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