Arbitri: procuratore capo arrestato, è bufera sull’Aia

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E’ bufera sull’Associazione arbitri dopo l’arresto del procuratore capo Aia, Rosario D’Onofrio, l’ex militare finito nella rete di un’operazione della Dda di Milano e della Guardia di Finanza per traffico di droga. Operazione portata a termine giovedì, ma i cui particolari, emersi nelle ore successive, hanno condotto alle dimissioni dall’incarico di D’Onofrio, al forte imbarazzo dell’Aia che si difende e si dichiara “tradita”, alle parole dure di Gabriele Gravina. Il presidente della Federcalcio si dice “sconcertato” e chiede al presidente Aia, Trentalange, di chiarire come possa essere avvenuta come sia avvenuta la nomina, venti mesi fa, di D’Onofrio alla guida degli inquirenti del mondo arbitrale. L’Aia denuncia quello che definisce “un vero e proprio tradimento che ha creato un serio danno d’immagine a tutta l’Associazione che, è bene ricordarlo, non ha poteri istruttori per esercitare opera di verifica e controllo di quanto dichiarato dagli associati”.    L’inchiesta milanese ha fatto venire a galla la doppia vita di una persona che nel 2013, sotto la presidenza di Marcello Nicchi, era entrata nella commissione disciplinare Aia e che poi l’attuale presidente, Alfredo Trentalange, ha nominato a capo dell’ufficio che indaga su eventuali irregolarità degli arbitri.    Secondo la Guardia di Finanza, D’Onofrio, ribattezzato ‘Rambo’, era al centro di un traffico di droga tra Italia e Spagna, e durante il lockdown usava la mimetica dismessa per muoversi liberamente.    L’Associazione arbitri si trova esposta sulla delicata questione anche perchè prima dell’arresto di due giorni fa – coinvolto in un traffico internazionale di sostanze stupefacenti anche con l’accusa di associazione per delinquere -, D’Onofrio era stato arrestato nel maggio 2020 in flagranza di reato mentre consegnava un carico di 40 chili di marijuana. Per oltre due anni, l’ex militare ha continuato ad esercitare la sua attività, prima da componente della Commissione di disciplina e quindi, con la nomina avvenuta nel marzo 2021 – un mese dopo il cambio delle guardia alla guida dell’Associazione tra Nicchi e Trentalange – quale Procuratore capo. Nel calcio, l’unico motivo di ‘sospetto’ nei suoi confronti, ma del tutto lontano da vicende legate al traffico di droga, era emerso di recente. La Procura della Figc, guidata da Giuseppe Chine’, lo scorso 28 ottobre lo aveva deferito per una vicenda riguardante il suo incarico, imputandogli la mancata apertura di un procedimento disciplinare e l’avvio di attività inquirenti “in assenza dell’instaurazione di un formale procedimento”. La commissione federale di garanzia esaminerà il caso in un’udienza già fissata per il 25 novembre.    Intanto Gravina è durissimo: “Ho subito chiesto riscontro al presidente Trentalange sulle modalità di selezione del Procuratore, in quanto la sua nomina è di esclusiva pertinenza del comitato nazionale su proposta del presidente dell’Aia. Una cosa è certa, la Figc assumerà tutte le decisioni necessarie a tutela della reputazione del mondo del calcio e della stessa classe arbitrale”. L’Aia ha espresso “sorpresa e sgomento” per la vicenda di D’Onofrio e sottolinea che “per assumere la qualifica di arbitro, l’interessato deve dichiarare l’assenza di procedimenti penali nonché di condanne superiori a un anno per reati dolosi” e che il regolamento impone anche “l’immediata comunicazione di avvisi di garanzia, pendenze di procedimenti penali e misure restrittive della libertà personale”. “Questo – prosegue l’Assoarbitri – non è mai accaduto” nel caso di D’Onofrio, neanche dopo la nomina a procuratore e quindi l’Aia “è stata vittima ed indotta in errore con una gravissima e dolosa omissione. Un tradimento che ha creato un serio danno d’immagine a tutta l’Aia che non ha a disposizione poteri istruttori. Un aspetto questo – è la conclusione – che dovrà essere oggetto di un’attenta valutazione e di eventuali nuove misure operative per non ritrovarsi in futuro in situazioni simili”.    Intanto, la Procura federale ha chiesto alla Dda e alla procura di Milano di accedere agli atti dell’inchiesta in cui è coinvolto D’Onofrio per eventualmente procedere a sua volta.    Insomma, il caso è aperto.

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