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Superlega, Berruto: “E’ una guerra a un modello di sport”

(ANSA) – ROMA, 19 APR – “Ieri sera abbiamo assistito a una dichiarazione di guerra a un modello di sport che ha certamente bisogno di correttivi, ma che non può trovare soluzione attraverso un’esclusiva rivoluzione dei ricchi. Il calcio ha una meravigliosa storia popolare. È retorica? Viva la retorica, in questo caso, perché l’attuazione di questa dichiarazione di secessione sarebbe la morte del resto del mondo del calcio”.    Così, in una nota, Mauro Berruto, responsabile sport nella segreteria del Pd, si schiera apertamente contro la Superlega.    Quindici club possono decidere questa condanna a morte sulla base di un principio economico? Il mondo intero del calcio e dello sport è in ginocchio – aggiunge Berruto – la soluzione può passare attraverso la prosperità di un piccolo numero di club che detiene la stragrande maggioranza della ricchezza? In un mondo dello sport letteralmente devastato dalla pandemia, questa operazione, proprio ora, suona completamente fuori luogo, è come un’operazione da ‘ancien’ regime che aumenterà lo scollamento fra quei 15 milioni di nostri connazionali che hanno a che fare direttamente con lo sport rispetto alla loro percezione del calcio”.    “A chi sostiene che ci sono modelli che dimostrerebbero l’efficacia di questa rivoluzione, rispondo che non si può applicare il modello Nba – sottolinea – per esempio. In quel caso, infatti, lo si dovrebbe applicare a tutto: sistemi di regole e contrappesi che garantiscono competitività, draft, fair-play finanziario vero, sport nel sistema scolastico e universitario e magari anche la tutela del diritto per atleti, che sono star planetarie, ad esprimersi sulle grandi battaglie per i diritti, proprio come succede nella Nba”.    “Forse questa operazione è una di quelle rotture dove si chiede cento per ottenere dieci, non so. So che una riflessione va fatta, ma non in questo modo. E so che nella riflessione sul cambiamento del modello dello sport più seguito e amato del pianeta oltre ad economisti e finanzieri, servirebbero anche sociologi e antropologi”, conclude. (ANSA).   



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