A Turbigo, dove il sindaco di centrodestra non dà uno spazio per il Ramadan: “Vogliamo solo pregare per poche ore, questa è integrazione”

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Turbigo — Andrebbe benissimo il campo sportivo, così si sospira davanti a questo prato, peraltro piuttosto spelacchiato. Che ci vuole, in fondo, per festeggiare la fine del Ramadan? Un posto civile, per recitare insieme la preghiera dell’Eid al-Fitr, dicono i rappresentanti dei fedeli islamici di Turbigo. «Abbiamo fatto richiesta tre volte, ma il Comune non ci ha mai risposto», e il giorno fatale si avvicina: martedì prossimo, 9 aprile. E hanno fretta loro, le circa 500 persone (in maggioranza pachistane) che aspettano un responso, ma più fretta ha il sindaco del paese, Fabrizio Allevi (Fratelli d’Italia) che entro oggi alle 14 deve rispondere, non tanto a loro quanto al Tar della Lombardia.

Il tribunale amministrativo ha infatti accolto il ricorso dei legali, e il presidente della quinta sezione, Daniele Dongiovanni, ha stabilito che il Comune deve concedere uno spazio adeguato all’Associazione culturale musulmana di Turbigo e alla moschea Essa. Ritiene infatti il giudice che «alla richiesta avanzata nell’ambito del ricorso in materia di silenzio possa darsi adeguata tutela, onerando il Comune di concludere celermente l’istruttoria e fornire risposta scritta entro le ore 14 del 5 aprile». E se la risposta sarà un no, il Comune dovrà spiegare quali spazi sarebbero stati idonei, e perché non sono resi disponibili.

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Ieri il sindaco non era raggiungibile, riunito com’era con l’avvocato del Comune per decidere il da farsi. L’altro giorno aveva però dichiarato di trovare «complicata» la ricerca di uno spazio pubblico all’aperto «facilmente accessibile». In verità, due posti li aveva citati: «Piazza Madonna della luna, centrale, ma senza le caratteristiche per ospitare una cosa del genere. E il prato vicino al cimitero, dove abitualmente i cittadini portano i cani a passeggio». Su quest’ultima location, forse non accetterebbero neanche gli scout più intrepidi. E la piazza della Madonna? «Noi musulmani rispettiamo Maria come se fosse nostra madre», spiega Muhammad Nasir, responsabile della moschea Essa. La moschea in realtà non esiste, come edificio, «ma il nome è quello arabo di Gesù, che noi riteniamo uno dei nostri profeti. E sa, uno non è un vero musulmano finché non crede alla Bibbia», non solo al Corano.

«È giusto, ed è buona cosa, che possano avere un luogo dove concludere il Ramadan», dice don Carlo Rossini, parroco della chiesa dedicata alla Beata Vergine Assunta. Incontrerà nei prossimi giorni Zahid Naveed, responsabile dell’Associazione musulmani, che ieri spiegava con semplicità, proprio sotto la statua della Madonna della luna: «Avere un posto dove pregare significa integrazione vera. Sennò stiamo sempre chiusi in casa. E poi: voi durante la Quaresima e a Pasqua andate in chiesa, noi dovremmo andare alla moschea», che non c’è. E chi sono, i 500 musulmani di Turbigo e dintorni? Operai, nelle ultime concerie rimaste in un paese da 7mila e 200 abitanti, qui al confine con la provincia di Novara. Un paese inconfondibile, sovrastato com’è dalle torri di acciaio rosse e bianche della centrale elettrica Iren. E continuamente rallegrato dal fischio degli aerei diretti a Malpensa, trovandosi proprio sulla direttrice di atterraggio (che forse è meglio di quella del decollo).

Ma l’aeroporto dà lavoro, e molte famiglie straniere vivono su stipendi da magazzinieri e autisti nella logistica, come è Zahid Naveed, in Italia da 25 anni. «Noi pachistani siamo la maggioranza, con le nostre famiglie, le moglie e i figli, che vanno tutti a scuola. Se va all’uscita delle medie, vedrà i molti nostri bambini, che sono tutti nati qui». Poi ci sono marocchini e tunisini, e albanesi (ma la maggioranza è cristiana), e kosovari come Safet Bajrami, da Pristina: «Già l’anno scorso abbiamo fatto la nostra richiesta, e avevamo saputo che non c’era un posto. Quindi siamo andati a pregare a Castano, e qualcuno a Novara. Ma tutti non ci stiamo: siamo molte famiglie, tra qui e Robecchetto con Induno. E questa volta non ci hanno neanche risposto, perciò siamo andati dagli avvocati».

Luca Bauccio è il legale che assieme a Aldo Russo ha presentato il ricorso vincente al Tar: «Non è pensabile che un Comune non disponga di uno spazio per accogliere 500 cittadini per poche ore». E in effetti, si tratterebbe di 4 ore, dalle 7 alle 11 (a scelta nei giorni 9 o 10 aprile). «Recitiamo la preghiera collettiva, ci salutiamo e poi ce ne torniamo nelle nostre case per il pranzo della festa, che conclude il lungo digiuno», spiega Zahid Naveed. Il campo sportivo intitolato a Danilo Colombo, centrocampista della Pro Patria e della Turbighese, «sarebbe bellissimo». Ma non è stato neanche preso in considerazione.

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«È ovvio che di fronte a un rifiuto del Comune ci troveremmo di fronte a una risposta pretestuosa e puramente propagandistica», dice l’avvocato Bauccio. «A oggi nessuno ci ha chiamato, segno che non c’è volontà di trovare una soluzione. Ma speriamo di essere smentiti. Ma siamo pronti ad affrontare anche questa spiacevole evenienza. Perché i diritti sono di tutti, e chiederemo al Tar di valutare eventuali condotte discriminatorie». Quindi, tocca aspettare le 14, e la risposta del sindaco Allevi.

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