Archie, il dolore che non va più via

Pubblicità
Pubblicità

“Il dolore non se ne va più via”. Le parole con cui Joe Biden ricordava anni or sono la morte del proprio figlio Beau riassumono il sentimento di ogni genitore esposto alla medesima sorte. Gli psicologi affermano che non c’è evento più devastante per un padre e una madre: una angoscia indescrivibile, che spesso lascia una famiglia sconvolta, in stato di shock, incapace di elaborare le emozioni che lo accompagnano. Non può che esserci dunque comprensione per la lotta intrapresa in questi giorni a Londra da Hollie e Paul Battersbee per tenere a tutti i costi in vita il figlio Archie, un dodicenne in coma irreversibile dal 7 aprile scorso, quando fu ritrovato a casa privo di sensi, forse vittima di un incidente provocato da una sfida sui social. Ma le strumentalizzazioni politiche intorno a questo ed altri casi analoghi richiedono di fare chiarezza sulla vicenda, in particolare in Italia, dove è in corso da tempo un infuocato dibattito sulla cosiddetta eutanasia legale e sui diritti legati al concetto di “fine vita”.

Regno Unito, il piccolo Archie sta per morire. Ma i genitori non si arrendono: “Potremmo portarlo in Italia”

È necessario sottolineare, innanzi tutto, che il Regno Unito ha una legislazione differente da quella del nostro Paese. In Italia l’ultima parola nelle procedure mediche per tenere artificialmente in vita un paziente, specie se minore, spetta ai familiari. In Gran Bretagna anche l’ospedale ha una responsabilità legale sulla questione. È questa sorta di doppio binario che ha condotto i genitori di Archie a rivolgersi ai tribunali di ogni ordine e grado, fino alla Corte Suprema britannica e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, per ribaltare la volontà dei medici, i quali ritenevano che nel ragazzo fosse sopraggiunta la morte cerebrale e che il proseguimento del trattamento di supporto vitale sarebbe stato solo un modo di prolungarne l’agonia, facendo ulteriormente soffrire il suo corpo. Tutti i giudici, compresi quelli di Strasburgo, hanno dato ragione all’ospedale, sostenendo che non staccare Archie dai macchinari costituisse un inutile accanimento terapeutico: in parole semplici, che gli facesse del male, non del bene. Poiché i genitori non sono sempre in grado di accettare questa atroce nozione, la legge inglese permette all’ospedale di diventare parte legale nella causa, con lo scopo preciso di proteggere gli interessi del bambino, al di là di quanto il padre e la madre credano sia giusto fare.

Caso Archie, l’ultimo ricorso dei genitori per farlo “morire dignitosamente” e il mistero di quella “sfida su TikTok”

Non è facile dichiarare in un’aula di tribunale che un medico, un avvocato o un giudice hanno la salute di un figlio più a cuore dei suoi stessi genitori. Perciò in epoca recente, su casi simili a quello di Archie, sono scoppiate accese polemiche. Altri bambini inglesi affetti da mali incurabili e tenuti in vita da un respiratore artificiale hanno suscitato l’intervento di ospedali come il Bambin Gesù di Roma e perfino di papa Francesco, con la concessione nel 2018 della cittadinanza italiana ad uno di essi, Alfie Evans, con l’obiettivo di trasferirlo in Italia affinché continuasse a ricevere cure anche soltanto palliative. Ma Alfie rimase in Inghilterra sino all’ultimo, non per una presunta crudeltà dei medici, bensì perché l’ospedale era convinto che non fosse in condizioni da poter affrontare un viaggio del genere.
Il terreno legale di questa delicata materia sta mutando anche da noi. Nel giugno scorso il marchigiano “Mario”, nome con cui fu identificato dai media un paziente tetraplegico immobilizzato su un letto d’ospedale per dieci anni, è stato protagonista del primo caso di suicidio medicalmente assistito in Italia, facendo seguito alla sentenza del 2019 della Corte Costituzionale sul dj Fabo. In quella circostanza l’autorità sanitaria determinò la sussistenza delle condizioni stabilite dalla Corte, tra cui l’irreversibilità della malattia e l’insostenibilità del dolore. Sebbene il dolore di un genitore, come ammoniva Joe Biden parlando del figlio, non se ne vada più via.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *