Cuneo e welfare aziendale, così la destra vuole bloccare il progetto delle opposizioni sul salario minimo

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ROMA – C’è un file che, nelle ultime ore, gira con insistenza sulle chat Whatsapp dei parlamentari della maggioranza. Il titolo del documento è il seguente: “Adapt, memoria audizione salario minimo”. La firma è quella dell’associazione fondata nel 2000 da Marco Biagi, il giuslavorista ucciso due anni dopo dalle Nuove Brigate rosse. Vent’anni fa – al governo c’era Silvio Berlusconi – quelle idee contribuirono alla riforma del mercato del lavoro. Oggi quel filo riprende forma, questa volta sul salario minimo.

Il salario minimo non piace ai sovranisti

E ancora una volta divide destra e sinistra. Perché, spiegano fonti di governo, “la memoria di Adapt è un punto di riferimento” per la linea che si è deciso di adottare nei confronti della proposta di legge sottoscritta da tutte le opposizioni, con eccezione di Italia Viva.

Una questione stringente, perché la proposta approderà nell’aula della Camera il 27 luglio. E delicata, dato che il Pd di Elly Schlein ha fatto del salario minimo una battaglia identitaria, da portare avanti fino in fondo. Ecco perché, nei ragionamenti che si fanno dentro al governo, c’è la consapevolezza che la vicenda non può essere archiviata solo come un’iniziativa delle opposizioni da affossare in Parlamento.

Tra l’altro, elemento che fa da denominatore alle considerazioni, la proposta di legge ha aperto uno squarcio su un fianco debole, anche per Giorgia Meloni: è il lavoro povero, perimetro dentro cui ricade un pezzo importante del consenso incassato alle elezioni. Come ha spiegato, negli scorsi giorni, un’analisi di Noto Sondaggi per Repubblica.

Ecco allora che il documento di Adapt diventa necessario per appoggiare la contrarietà al salario minimo su numeri e soluzioni. Sono due, in particolare, i dati che sono stati attenzionati. Il primo è quello relativo alla copertura della contrattazione collettiva che, si legge nel rapporto di Adapt, è “molto elevata”.

Esclusi il settore dell’agricoltura e il lavoro domestico, il 97% dei lavoratori è legato a un contratto nazionale di lavoro siglato da federazioni che aderiscono a Cgil, Cisl e Uil, mentre al restante 3% è applicato un contratto firmato da altre organizzazioni sindacali. È qui che la destra si aggancia per dire che la contrattazione, comunque da migliorare per via dei cosiddetti contratti pirata, è la strada maestra da seguire per storture che vengono definite limitate.

“Rinnovo della contrattazione e welfare sono ancora strumenti per aumentare la busta paga”, dice Walter Rizzetto (FdI), presidente della commissione Lavoro della Camera. E per motivare perché la soluzione non può essere rappresentata dal salario minimo a 9 euro lordi all’ora, come propongono le opposizioni, si fa riferimento alle simulazioni sugli undici contratti collettivi nazionali più applicati, tra “forti” e “deboli”. Viene fuori che, in media, il trattamento economico complessivo orario è di 10,29 euro, superiore quindi a 9 euro.

Sì al salario minimo da due italiani su tre. E piace anche a destra

Il governo vuole spingere sulla contrattazione, per dare una risposta alla questione del lavoro povero. “Il nostro impegno, rispettoso del ruolo delle parti sociali, è volto a incentivare accordi che rafforzino e allarghino le tutele esistenti”, spiega il sottosegretario leghista all’Economia Federico Freni. Ma nella strategia ci sono anche il taglio del cuneo fiscale e aiuti per le famiglie con figli. Con l’incognita delle risorse da trovare. Un passo per volta, è la traccia. Prima bisogna fermare il salario minimo in Parlamento.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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