Da Bakhmut a Kherson: polvere, fango e sangue

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II fronte è quello di Bakhmut, dove approdano tutti coloro che vogliono capire questa guerra di invasione e di difesa. Le strade polverose in estate, il fango con le prime piogge. Assediata dai russi da giugno 2022, diventata tritacarne a partire dall’autunno scorso, ora Bakhmut è nelle mani del Gruppo Wagner: il tributo di vite per questo scalpo deve essere ancora reso pubblico. Vladimir Putin ha preteso le macerie di Bakhmut tornassero a chiamarsi Artemovsk, ma la Verdun dei nostri tempi è destinata a subire una nuova controffensiva, ora da parte dell’esercito ucraino.

Il fronte è Lysychansk, sempre più a Est, dove una piccola carovana di umanitari corre sfiorando le mine per raggiungere chi non vuole più vivere in cantina, lungo i corridoi, sotto le bombe.

Il fronte è a Terny, alto Donbass, insieme al comandante Svat: dai rifugi del battaglione Karpatchka Sich si vedono, cinque chilometri lontano, i carrarmati dell’Armata.

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Il fronte è Kherson, il suo ponte, l’Antonovsky, che lega il suburbio della capitale del Sud Ucraina con la palude di là del Fiume Dnepr, ancora in mano agli invasori. Appostato nella palude, l’ora di pranzo del 26 aprile, un cecchino russo con una sola pallottola mi trapassa la spalla e uccide Bogdan Bitik, fixer ucraino, un amico.

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