Dieci canzoni per il Primo maggio: da Guccini a De Gregori, così il lavoro si è fatto musica

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La musica gira anche intorno a temi importanti e a volte drammatici, come quelli del lavoro e dei diritti.Il rapporto tra le canzoni e il mondo del lavoro è radicato nel tempo, le canzoni di lotta sono arrivate ben prima delle celebrazioni del Primo maggio in chiave musicale con gli ormai tradizionali “concertoni”. In occasione della Festa dei lavoratori abbiamo recuperato dieci brani tra i tanti che hanno segnato la nostra Storia recente.

Una miniera (New Trolls)

Era il 1969 quando la band di Nico De Palo e Vittorio De Scalzi raccontava la tragedia di Marcinelle, in Belgio, dove a causa di un incidente in miniera morirono 262 persone, di cui 136 immigrati italiani. Il racconto della massacrante vita dei minatori e del dolore dei familiari per il loro mancato ritorno a casa.

Saluteremo il signor padrone (Francesco De Gregori – Giovanna Marini)

Uno dei vecchi canti di lotta recuperati da De Gregori e Giovanna Marini nell’album del 2002 Il fischio del vapore. La canzone delle mondine che tornano sul treno dalle risaie e maledicono il padrone per “il male che ci ha fatto / che ci ha sempre maltrattato / fino all’ultimo momen’”.

Vincenzina e la fabbrica (Enzo Jannacci)

Jannacci la scrisse per il film di Mario Monicelli Romanzo popolare, 1974, con Ugo Tognazzi e Ornella Muti. Vincenzina è arrivata a Milano da Avellino e non sa distinguere tra il lavoro e la vita vera. Resta attonita davanti ai cancelli chiusi e riesce solo a capire che il padrone non si preoccupa nemmeno del Milan che fa zero a zero e di quel Rivera “che ormai non mi gioca più”. “Vincenzina vuol bene alla fabbrica e non sa che la vita giù in fabbrica: non c’è, se c’è… com’è?”.

Uno dei brani più iconici della canzone d’autore italiana. La storia dell’anarchico Pietro Rigosi che nel luglio del 1893, 28 anni e due bambine piccole, si impadronì di una locomotiva sganciata da un treno merci nei pressi della stazione di Poggio Renatico, dove lavorava, e la diresse verso la stazione di Bologna. Ricoverato in ospedale disse: “Meglio morire che essere legato”.

Tratta da Storia di un impiegato, 1973, è il racconto della disperazione dell’impiegato che, in cerca di un gesto forte che racconti il suo disagio, costruisce un ordigno artigianale da far esplodere davanti al Parlamento. Ma finirà per esplodere solo un’edicola, con i fogli dei giornali che svolazzano e un senso di fallimento profondo.

Eroe (Caparezza)

La storia di Luigi Delle Bicocche, personaggio di fantasia che lavora come muratore alla costruzione dello Spazioporto di Taranto. L’amara esistenza di un operaio che la sera torna a casa sfinito dopo aver lavorato tutto il giorno per uno stipendio minimo.

Agapito Malteni Ferroviere (Rino Gaetano)

A metà strada tra La Locomotiva di Guccini e Il bombarolo di De André, Rino Gaetano racconta la storia di un ferroviere (l’album era Ingresso libero, 1974) che lavora a Manfredonia. Sfruttato e sottopagato, medita la sua vendetta: dirottare un treno proveniente da Barletta. Un collega “buono come lui, ma meno utopista”, manda a monte tutto.

L’operaio Gerolamo (Lucio Dalla)

La folla corsa dell’operaio costretto a spostarsi, faticare, cambiare città, ignorare la vita vera per poi alla fine cedere senza alcuna gioia. Faceva parte dell’album Il giorno aveva cinque teste (1973), il primo disco realizzato da Dalla con il poeta-paroliere Roberto Roversi.

Ballata del precario (Sud Sound System)

Uno sguardo rabbioso verso il grande male del lavoro negli anni Duemila: il precariato. “Mentre i padroni dichiarano guerra / I generali danno ordini ai figli dei servi / Noi, su questa terra, paga sempre chi non ha mangiato / perché talvolta la fortuna è cieca / ed il conto è sempre salato / ma finchè i servi acclameranno i potenti / finchè i padroni saranno dei Santi / finchè i cervelli saranno spenti / quaggiù la schiavitù non finirà mai, no no mai mai”.

Gente in progresso (Franco Battiato)

Insolito affresco del cantautore siciliano (da Orizzonti perduti, 1983). Una folgorante fotografia di un mondo dove il lavoro diventa sempre più invasivo, stritolante, ingiusto: “”e tu che fai di sabato in questa città dove c’è gente che lavora per avere un mese all’anno di ferie?“. Una visione arrivata molto prima del dominio di smartphone e e-mail.

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