Doppio femminicidio a Castelfranco. Gabriela Trandafir aveva denunciato tre volte il marito che l’ha uccisa insieme alla figlia

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MODENAGabriela Trandafir, uccisa a Cavazzona di Castelfranco Emilia insieme alla figlia Renata dal marito Salvatore Montefusco, aveva denunciato tre volte il coniuge. La prima denuncia per maltrattamenti è di luglio 2021, con un’integrazione ad agosto e un’altra denuncia presentata a dicembre.

È di quel periodo anche la richiesta di archiviazione della Procura di Modena secondo cui le condotte, seppur nel contesto di una situazione familiare difficile, sarebbero rimaste sul piano verbale. “Nell’opposizione abbiamo evidenziato che c’erano stati atteggiamenti ben più concreti”, spiega l’avvocata Annalisa Tironi, che assiste la vittima.

L’avvocata: “Sono basita. Ora tutelare il figlio”

Nelle udienze di questa mattina in tribunale a Modena l’avvocata Annalisa Tironi ha sottolineato l’importanza di tutelare il figlio minorenne della donna e di Salvatore Montefusco. “Questa è la mia preoccupazione dal punto di vista legale, il figlio è vittima di una tragedia gigante”, ha detto l’avvocata. “Sono basita e addolorata, la signora Gabriela mi diceva che finalmente si era arrivati al giorno della separazione”, prosegue Tironi. Oggi infatti iniziava la causa tra i due coniugi. Nell’ambito di questo procedimento si è venuti a conoscenza anche di tre denunce che Montefusco aveva presentato contro la moglie, “a nostro avviso del tutto strumentali alla comparsa di costituzione”, ha detto l’avvocata.

Duplice femminicidio a Castelfranco, “Renata aveva paura, diceva: lui è cattivo, può fare tutto”

Montefusco ha sparato 7-8 colpi contro le donne

Salvatore Montefusco, 69 anni, ha confessato davanti ai carabinieri di Castelfranco Emilia di aver ucciso la moglie e la figliastra. Sette o otto colpi esplosi con un fucile a canne mozze: la prima a essere ammazzata nel cortile di casa è stata Renata Alexandra,  poi la consorte raggiunta dalla raffica di pallottole nonostante si fosse nascosta in casa. Poi alla vista del figlio 17enne, “non so cosa mi ha fermato”, ha detto l’uomo, imprenditore edile. Poi, dopo essersi procurato una ferita al volto, si è allontanato di casa, tanto che i militari avevano pensato a una fuga, per recarsi invece in un bar. “L’ho visto entrare sporco di sangue – ha detto la barista – mi ha chiesto di chiamare i carabinieri se no avrebbe ammazzato tutti”.

Montefusco è così uscito e si è costituito in caserma. Un duplice omicidio, tragico e assurdo epilogo di un rapporto ormai logoro tra l’uomo, la moglie e la figlia di lei. La coppia si stava separando e, secondo quanto emerso, le due donne volevano tenersi la villetta in cui vivevano, ipotesi che vedeva contrario l’uomo che l’avrebbe fisicamente costruita in passato.

Montefusco era già noto alle forze dell’ordine per alcuni reati fiscali e bancarotta ma soprattutto perchè negli anni ’90 si ribello’ al pizzo chiesto da un clan camorristico che aveva preso piene in zona permettendo l’arresto di 16 persone. Il 69enne aveva già avuto tre figlie in prime nozze poi l’incontro con la donna di origine rumena con cui aveva avuto un altro figlio. L’uomo, difeso dall’avvocato Marco Rossi, resta in carcere: dovrà rispondere di duplice omicidio pluriaggravato.

Duplice femminicidio: “Tragedia annunciata”

“Un’altra tragedia familiare, l’ennesima, impossibile da ignorare. Davanti all’omicidio efferato delle due donne ciò che è certo è che – anche questa volta – non siamo riusciti a fare abbastanza, come comunità, come forze dell’ordine, come autorità tutte”. E’ quanto scrive in una nota il Pd di Modena. “Emergono senza sosta le lacune che pervadono il nostro ordinamento giuridico, tuttora incapace di proteggere efficacemente le donne che richiedano aiuto: le misure arrivano troppo tardi e in misura insufficiente rispetto a quanto realmente necessario. In presenza di un compagno che usa violenza in qualsiasi forma, la separazione – fattuale e/o giuridica – si traduce in una sentenza di morte se gli strumenti di protezione esistenti non vengono attivati tempestivamente”.

I centri antiviolenza: “Le donne non sono state credute”

“Purtroppo, le donne che denunciano violenza spesso non vengono credute, perché scontano quel retaggio di pensiero vetusto per il quale mentirebbero. Le donne non mentono. Lo dimostra la lunga scia di sangue, ininterrotta; il sangue delle donne uccise, da mariti, ex mariti, conviventi, ex conviventi. Una donna uccisa ogni settantadue ore, in media”. Così il coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna interviene sul duplice femminicidio di ieri a Cavazzona. “Urge un cambiamento culturale, urge che le forze dell’ordine e la magistratura si interroghino sulle modalità del loro intervento”.

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