Influencer virtuali, corpi perfetti e mai un errore: quelle modelle create con l’IA che fanno innamorare i vip

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Aitana López è una modella spagnola di 25 anni, ama i videogiochi e il fitness, viaggia per il mondo e guadagna circa 10mila dollari al mese condividendo contenuti brandizzati e mostrando il suo corpo perfetto in lingerie. Peccato che non sia reale. La sua è un’esistenza simulata, come quella di altre virtual influencer spopolate sui social – generate, quindi, digitalmente –, che sempre di più vengono scelte dalle aziende per pubblicizzare i propri prodotti.

Modelle senza errori

Agli inizi della sua carriera, Aitana guadagnava già circa mille dollari per ogni post su Instagram e prestissimo è diventata il volto di un brand di integratori sportivi. I soldi che produce vanno al suo ideatore, Rubeñ Cruz, che aveva rivelato di averla creata per superare il principale ostacolo alla produttività della propria agenzia di modelle: l’inaffidabilità delle donne in carne e ossa. E Aitana, di fatto, è la donna e l’influencer perfetta. A partire dal fatto che può essere svestita quanto basta: non troppo, per non risultare volgare, ma abbastanza da catturare l’attenzione. E, più di tutto, è immune alla fallibilità umana ed è totalmente personalizzabile.

Aitana Lopez, 252mila follower

Una volta analizzate tendenze, gusti e hobby del target di riferimento, la modella spagnola è stata plasmata su misura. La chioma rosa, che riprende la moda orientale e la adatta ai canoni estetici europei, volto e corpo privi di imperfezioni e una personalità forte e determinata. Cruz le ha creato anche una “sorella”, Maia Lima, più timida e candida, ma pur sempre sensuale.

L’inizio del fenomeno

Il fenomeno, sdoganato prima in Asia e Stati Uniti e poi nel resto del mondo, non è una novità. Risale al 2016, anno in cui una società di Los Angeles specializzata in robotica ed intelligenza artificiale creò Miquela Sousa, che conta adesso 2,6 milioni di followers e un profitto di circa 10 milioni di dollari l’anno. La “19enne robot”, così si definisce nella sua bio, ha pubblicato diversi singoli musicali e può annoverare nel suo curriculum collaborazioni con marchi di moda del calibro di Gucci, Prada e Calvin Klein.

E non è la sola. Anche Imma, terza virtual influencer del Giappone con quasi 400mila followers, ha collaborato con Dior e Valentino. Il titolo di prima supermodel virtuale viene però rivendicato da Shudu Gram. Volto da Barbie e occhi dell’attrice somala Iman, si professa attivista per i diritti dei sudafricani, anche se il suo creatore, ex fotografo di moda, è inglese.

La più longeva e redditizia è Lu Malagu, che nel 2003 era ancora soltanto la voce di un e-commerce brasiliano e oggi, diventata famosa per le recensioni e gli unboxing di prodotti, viene seguita da 6,7 milioni di follower, per un valore stimato di 117 milioni di dollari.

Qualche anno dopo, il debutto in Italia arriva con Nefele, ideata nel 2019 da tre giovani torinesi. Tra citazioni di Brecht e messaggi sull’empowerment femminile, il proposito lodevole è di celebrare la bellezza dell’imperfezione attraverso la sua vitiligine.

Canoni estetici irraggiungibili

Ma se Nefele era ancora distinguibile da una persona reale, il progresso compiuto sui virtual influencer ha portato ad assottigliare al massimo le differenze. Alcuni lo rendono esplicito, altri giocano sull’equivoco. Come i creatori di Emily Pellegrini, la modella virtuale che ha fatto innamorare calciatori e vip di tutto il mondo.

Il suo corpo, come quello delle altre, non solo è perfettamente conforme agli standard di bellezza, ma impone un nuovo modello estetico ancora più irraggiungibile di quello già promosso da tante influencer reali. Un problema che investe soprattutto le adolescenti, ancor di più se si considera che nel panorama social iniziano a comparire anche “giovanissime” virtual influencer, come Arbie Seo, che ha i tratti di una minorenne.

Che queste donne virtuali siano plasmate da uno sguardo maschile e volte a compiacerne altri, lo dimostra il fatto che i loro ideatori sono praticamente tutti uomini. Oltre al fatto che i profitti di molte di loro dipendono dalla vendita di foto spinte su Fanvue, una piattaforma simile a OnlyFans.

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