Naufragio di Cutro, le storie di famiglie spezzate e sogni annegati in fondo al mare

Pubblicità
Pubblicità

Le madri che non trovano i figli, la sposa ragazzina che ha visto il marito annegare, il giovane siriano che ha negli occhi il fratellino di sei anni travolto dalle onde e il dodicenne partito dall’Afghanistan con tutta la famiglia che adesso è rimasto solo. Mentre in mare si cercano ancora i corpi dispersi, la tragedia di Steccato di Cutro restituisce le storie di famiglie spezzate e sogni annegati in fondo al mare. Come quella di questa afghana di 21 anni che, racconta il personale della Croce Rossa al lavoro senza sosta nel soccorso ai migranti, si era spostata da poco e insieme al marito era partita dalla Turchia per raggiungere l’Europa e costruire, insieme, un futuro migliore. È riuscita a salvarsi e ora è al Cara di Isola Capo Rizzuto, ma è rimasta sola. Il marito non ce l’ha fatta e lei lo ha capito subito. Così non smette di arrovellarsi sempre con la stessa domanda: “Perché lui si è io no? Perché lui sì e io no?”.

La risposta non c’è eppure questo è ciò che pensa chi è stato risparmiato dal naufragio e adesso deve ricostruirsi una vita senza i suoi cari. Come un giovane siriano che ha raccontato di aver visto morire il fratellino di sei anni e non riuscirà a dimenticare quel momento in cui lo ha visto sparire tra i flutti, mentre un ragazzino afghano oscilla ancora fra la disperata consapevolezza di aver perso la sorella con cui era partito e andare all’irrazionale illusione che la ragazza sia fra le diciannove persone ricoverate in ospedale, che il suo nome sia stato trascritto male o per qualche motivo gli operatori non l’abbiano trovata. Aveva ventotto anni e nell’Afghanistan tornato in mano ai talebani per lei la vita era diventata impossibile. Per questo insieme al fratello aveva deciso di andare via.

Lui ha solo sedici anni, ma non ha avuto la forza di lasciarla sola. Insieme erano andati in Turchia, da lì fra mille difficoltà avevano trovato un posto sul barcone. Per quattro giorni hanno viaggiato tenendosi stratti,  ma quando sono arrivati a circa centocinquanta metri dalla costa, la carretta del mare su cui hanno tentato la traversata si è schiantata su una secca.

“Ci ha detto che è letteralmente esplosa, ma nessuno dei sopravvissuti ha riportato ustioni, né ci sono segni simili sui corpi di chi non ce l’ha fatta. Crediamo che l’imbarcazione sia andata in mille pezzi quando il vento l’ha spinta contro la secca”, spiega Sergio Di Dato, capoprogetto di Msf, che con un team di psicologi sta assistendo i naufraghi.

I due ragazzi sono stati sbalzati fuori, hanno iniziato a nuotare per cercare di raggiungere la riva. Le onde li hanno portati sulla spiaggia, ma solo il ragazzo è sopravvissuto alla violenza delle onde. Medici senza frontiere ha messo a disposizione dei naufraghi una linea sicura per contattare le famiglie, che a migliaia di chilometri aspettano di sapere se i propri cari sono vivi o morti, se con loro il Mediterraneo è stato clemente. Ma lui ai genitori rimasti in Afghanistan non ce l’ha fatta a raccontare che lei non c’è più. In attesa di un miracolo che in fondo sa del tutto impossibile.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *