Oseremen, operaio travolto nel cantiere mobile in Abruzzo: da rifugiato politico a cittadino del mondo

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Repubblica dedica uno spazio fisso alle morti sul lavoro. Una Spoon River che racconta le vite di ciascuna vittima, evitando che si trasformino in banali dati statistici. Vite invisibili e dimenticate. Nel nostro Paese una media di tre lavoratori al giorno non fa ritorno a casa e “Morire di lavoro” vuole essere un memento ininterrotto rivolto a istituzioni e politica fino a quando avrà termine questo “crimine di pace”.

Era diciottenne quando è arrivato in Italia dalla Nigeria. “Rifugiato politico” dodici anni fa, praticamente un ‘ciociaro’ ora che a Sora (Frosinone) aspettava un figlio dall’amore incontrato nel nostro Paese. Oseremen Aneke, ‘Ose’ per gli amici, i compagni di lavoro, i fedeli della parrocchia del Divino Amore che lui frequentava assiduamente non tirandosi mai indietro quando gli si chiedeva una mano. E’ morto a 30 anni da operaio di una ditta di manutenzioni stradali: era a fine turno di lavoro lungo l’A25, tra Avezzano e Magliano dei Marsi in Abruzzo, sotto lo sguardo severo del monte Velino che si affaccia sull’autostrada con la sua piramide di roccia. ‘Ose’ è stato travolto da un Tir mentre rimuoveva i birilli arancioni del cantiere mobile. “E la madre pregava, bambino possa tu mai camminare quando la strada attende affamata” recita una poesia di Wolw Soyinka, nigeriano yoruba premio Nobel per la letteratura.

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