Riffeser Monti sull’equo compenso: “Verranno al tavolo anche le piattaforme più riottose”

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ROMAAndrea Riffeser Monti, presidente della Federazione Italiana Editori Giornali. Quanto pesa la sentenza del Consiglio di Stato sull’equo compenso?
«È una tappa importante. Ripristina la possibilità di concludere accordi con i prestatori dei servizi per l’informazione in ragione dell’utilizzo che fanno degli articoli on line. Accordi che prenderanno forma anche secondo i criteri previsti dal regolamento dell’Autorità per le Comunicazioni, l’AgCom, sull’equo compenso».

La guerra – perdoni la metafora bellica, di questi tempi – è vinta?
«In questa fase, la conferma dell’azionabilità del regolamento è un passo in avanti. Servirà a proseguire il confronto anche con i prestatori dei servizi meno inclini a concludere intese con gli editori».

Alcuni operatori hanno riconosciuto il diritto mentre altri non lo hanno ancora fatto, nonostante continuino a utilizzare dei contenuti giornalistici

Prima della sentenza del Tar del Lazio, la Fieg ha già dialogato con le piattaforme web. In quale clima?
«Con alcune piattaforme gli editori hanno già siglato accordi; con altre riprenderemo il dialogo anche grazie alla decisione del Consiglio di Stato. Alcuni operatori hanno riconosciuto, dunque, il diritto al compenso per gli editori mentre altri non lo hanno ancora fatto, nonostante continuino a utilizzare dei contenuti giornalistici».

Dopo la sentenza del Consiglio di Stato, che cosa accadrà?
«In attesa della decisione della Corte di Giustizia europea, e chiarito che il diritto all’equo compenso deriva dalla legge e non dal regolamento di AgCom contestato da Meta, la decisione del Consiglio di Stato aiuterà a riportare al tavolo le parti».

L’Autorità per le Comunicazioni ha svolto un lavoro fondamentale: ha ascoltato tutte le parti interessate prima di emanare il Regolamento

Come giudica le azioni dell’AgCom in tutta questa vicenda?

«L’Autorità per le Comunicazioni ha svolto un lavoro fondamentale. Siamo di fronte ad un’autorità terza investita dalla legge dei suoi poteri di intervento in materia. Un’Autorità competente che ha ascoltato tutte le parti interessate prima di emanare il regolamento sull’equo compenso. Per tutte queste ragioni, io sono convinto che continuerà a svolgere egregiamente il suo ruolo».

Se dovesse spiegare a una persona comune il senso della battaglia degli editori, che cosa gli direbbe?
«Il senso è molto semplice: se le piattaforme utilizzano in Rete i contenuti giornalistici prodotti dagli editori, devono riconoscere il giusto – ed equo – compenso».

Chiediamo una legge di sistema per l’editoria che realizzi una riforma strutturale del settore come la garantì la 416 nel 1981

Ha delle richieste da indirizzare al governo Meloni come presidente degli editori italiani?
«Prima di tutto chiediamo una legge di sistema per l’editoria che realizzi una riforma strutturale del settore come la garantì la 416 nel 1981».

I tempi e il contesto sono completamente diversi, però, presidente.
«Certamente, e noi invochiamo interventi aderenti allo sviluppo digitale che sta prendendo forma in questi anni».

Nello stesso tempo, deduco dalle vostre posizioni, ci sono valori e missioni che accomunano il miglior giornalismo del passato al miglior giornalismo del presente.
«Servono misure concrete che riconoscano il ruolo svolto dall’informazione professionale per la nostra democrazia».

Lei contesta da tempo che Internet permetta ancora forme di intervento anonime, spesso poco nobili.
«Invitiamo il governo e il Parlamento a promuovere – in collaborazione con le istituzioni europee – iniziative per eliminare l’anonimato in Rete. Ed è necessario contrastare più efficacemente le violazioni dei diritti, collettivi e individuali, che si celano dietro questo fenomeno».

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